22/08/2016, 12.48
IRAN
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Teheran guarda all’America Latina per rilanciare economia e leadership di Rouhani

di Darius Karimian

Ieri il ministro iraniano degli Esteri ha iniziato una missione commerciale e diplomatica che toccherà sei nazioni del continente. Al centro dei colloqui fra gli altri petrolio, energia, mari. Il Sud America fondamentale per rilanciare l’economia interna. L’accordo nucleare non ha portato reali benefici e riprende quota l’ala fondamentalista (e Ahmadinejad). Dalla Norvegia un credito per un miliardo. 

 

Teheran (AsiaNews) - Stringere nuovi rapporti economici, commerciali e diplomatici con le nazioni dell’area, per rilanciare l’azione di governo - al centro di feroci critiche - e superare la fase di stallo in cui è piombato il Paese dopo gli ottimismi dei mesi scorsi per l’accordo sul nucleare. Con questi obiettivi il ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif è partito ieri alla volta del Sud America, per il primo viaggio nel continente del capo della diplomazia di Teheran. La delegazione iraniana, composta da 60 persone fra cui uomini d’affari pubblici e del settore privato, visiterà sei nazioni: Cuba, Nicaragua, Ecuador, Bolivia, Cile e Venezuela. 

In questi anni l’Iran ha sempre cercato di coltivare un rapporto di amicizia e collaborazione con molte nazioni sudamericane; tuttavia, alle buone intenzioni spesso non hanno fatto seguito risultati tangibili. “Vi sono ancora molte aree - conferma il vice-ministro degli Esteri Majid Takht-Ravanchi - per la cooperazione […] finora non siamo riusciti a sfruttare appieno le potenzialità”. 

L’obiettivo è quello di aprire “un nuovo capitolo” nelle relazioni fra la potenza sciita mediorientale e i Paesi del Sud America, siglando nuovi contratti e accordi in tema di petrolio, energia, mari e trasporti. Trattative sono in corso per la costruzione di dighe, nel settore lattiero-caseario e nell’industria farmaceutica. 

Per Teheran diventa fondamentale la collaborazione con l’America Latina (vedi la riapertura dopo 35 anni dell’ambasciata cilena a Teheran), i suoi 600 milioni di abitanti e i 30 Stati, molti dei quali animati da aperta opposizione verso gli Stati Uniti. 

L’economia iraniana al momento sta segnando il passo e non si sono visti i frutti dell’accordo sul nucleare, in vigore da gennaio e che avrebbe dovuto portare un alleggerimento delle sanzioni economiche. Tali elementi favoriscono di fatto la fazione fondamentalista interna e mettono in crisi il programma di riforme del presidente, che in questi giorni ha cercato di rilanciare l’immagine sul piano militare facendosi fotografare di fronte a missili a lunga gittata di ultima generazione. 

Di recente Washington ha ribadito il blocco sull’uso del dollaro nelle transazioni bancarie, fermando i nuovi contratti economici stabiliti dopo l’accordo sul nucleare. E la stessa Unione europea non ha impresso quel cambio di rotta necessario per rilanciare la produzione interna iraniana e il commercio estero, piagati da anni di embargo durissimo. 

Secondo dati del Fondo monetario internazionale (Fmi), il commercio tra Iran e nazioni del Sud America è triplicato fra il 2008 e il 2009, raggiungendo quota 2,9 miliardi di dollari. Il dato è cresciuto negli anni successivi fino ai quattro miliardi del 2013. I legami con le nazioni dell’area sono stati uno dei fattori chiave che hanno permesso a Teheran di superare il blocco imposto dagli Stati Uniti, in risposta al programma atomico degli ayatollah.

Da qui il proposito di rafforzare ancor più i rapporti, in virtù del fatto che la (parziale) sospensioni delle sanzioni non ha di fatto garantito gli effetti benefici sull’economia iraniana. La fase di stallo ha rafforzato le posizioni dei Pasdaran e dell’ala conservatrice da sempre contrari all’accordo e che oggi muovono per un terzo mandato dell’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. 

Fonti di AsiaNews a Teheran confermano che “la fazione estremista cerca in tutti i modi di ostacolare le politiche del presidente Hassan Rouhani e lavora per bloccarne la candidatura alle prossime elezioni”. Ogni giorno la fazione che si oppone al programma di riforme - peraltro in fase di stallo nell’ultimo periodo - del moderato Rouhani “frappone nuovi ostacoli” e la “normalizzazione delle relazioni economiche e diplomatiche” appare sempre più remota. 

Secondo la fonte di AsiaNews, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza, “l’ala dura cerca di ridicolizzare” il presidente, affermando che l’accordo sul nucleare “ha portato benefici” solo all’Occidente, mentre l’Iran “non ha ricevuto nulla in cambio” e le sanzioni “in realtà sono tutte in vigore”. Per questo l’Iran sta pensando di sollevare la questione delle “violazioni Usa all’accordo” in occasione del prossimo vertice dei 5+1 a settembre a Vienna, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. 

“Rouhani - osserva la fonte - non è riuscito a imprimere un vero programma di riforme politiche interne al Paese e non vi sono stati reali miglioramenti in tema di economia. Anche le banche europee sono restie a riallacciare rapporti e affari con Teheran” e pure il settore del turismo “che negli ultimi tempi aveva registrato dei progressi, oggi appare in forte declino”. 

Il timore per nulla remoto è che possa tornare in gioco il conservatore Ahmadinejad, sebbene la sua candidatura potrebbe essere bloccata proprio dai massimi vertici religiosi del Paese - e dallo stesso ayatollah Khamenei - per contrasti emersi al tempo della presidenza. “I riformisti sostengono ancora Rouhani - conclude la fonte - ma non è dato sapere se ciò basterà per un secondo mandato. Sarà necessario invertire la rotta in tema di occupazione e rilanciare gli investimenti esteri”. 

In soccorso all’Iran è giunta nei giorni scorsi la Norvegia, che ha offerto alla Repubblica islamica una linea di credito per un miliardo di dollari. La decisione è giunta al termine di un faccia a faccia fra ministri degli Esteri a Teheran. Børge Brende e Mohammad Javad Zarif hanno firmato tre accordi “sulle esportazioni”, mirati a finanziare “progetti di sviluppo e infrastrutturali”.

Una boccata di ossigeno per un Paese in crisi a livello economico e costretto a fronteggiare enormi problemi nel settore bancario. L’Iran è oggi preda di una evidente crisi di liquidità, causata dalla crescita incontrollata di istituti finanziari che hanno sostituito governo e banca centrale nella gestione del denaro, portando il Paese alla stagflazione. 

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