08/09/2005, 00.00
ISLAM
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Terrorismo islamico: frutto dell'insegnamento delle madrassah

di Samir Khalil Samir

Terza parte della serie "Islam e Occidente" a cura di p. Samir Khalil Samir. Gesuita egiziano, p. Samir  è docente di storia della cultura araba e di islamologia presso l'Università Saint-Joseph di Beirut.

Beirut (AsiaNews) - Il terrorismo non è un risultato imprevisto nell'Islam, ma il frutto diretto dell'insegnamento che avviene nelle madrassah, nelle scuole tradizionali. E non solo perché molte scuole addestrano al terrore e alla guerriglia, ma soprattutto perché educano al fondamentalismo. Esse presentano la religione come la soluzione a tutti i problemi e guardano al mondo e  all'occidente in modo massimalista e radicale, per cui l'unica via di uscita è lo jihad, la distruzione dell'occidente e di tutto ciò che sembra cospirare contro la religione.

Se si vuol lottare contro il terrorismo, occorre  impegnarsi per cambiare il processo educativo tradizionalista che viene dato agli imam e che questi diffondono nel mondo.

Mi è capitato di incontrare un famoso imam, quello del Qatar, Yusuf Qaradawi: è una persona intelligente e buona, aperta al dialogo coi cristiani. Anch'egli però presenta molti elementi integralisti. Fra l'altro, con molta tranquillità, egli giustifica gli attentati terroristi contro la popolazione israeliana. L'imam Qaradawi è ascoltato tutti i giorni alla televisione del Qatar, per oltre un'ora, diffondendo questa sua mentalità. Come lui, migliaia di imam giungono a insegnare senza molta preparazione e senza assimilazione delle scienze umane.

Islam: senza autorità, senza laicità

Nell'insegnamento islamico vi sono due problemi: anzitutto nell'Islam non vi è una unica autorità centrale riconosciuta. Nemmeno al-Ahzar, l'illustre università del Cairo, è riconosciuta da tutti. Così gli imam e i mufti (quelli che lanciano le fatwa, le decisioni giuridiche) si moltiplicano a migliaia. Basta che uno abbia studiato un po' il Corano, per autoproclamarsi mufti. Una volta, 30 anni fa, non era così: ogni paese aveva al massimo un mufti riconosciuto da tutta la nazione. Oggi invece tutti gli imam si autoproclamano mufti e hanno i loro seguaci.

L'altro problema è l'insegnamento fatto dagli ulema (i dotti, i sapienti). In realtà questi ulema sono "sapienti" solo in un piccolo campo: hanno imparato il Corano a memoria, hanno imparato migliaia di detti attribuiti a  Maometto; hanno imparato a memoria migliaia di risposte giuridiche di tantissimi imam. Ma non hanno mai studiato matematica, sociologia, psicologia, letterature straniere, e non sono capaci di leggere un libro in una lingua occidentale. La storia si limita al mondo islamico; lo studio delle religioni è solo in funzione di cosa rispondere se l'Islam viene criticato. È uno studio molto ristretto e chiuso in se stesso. La stessa università di al-Ahzar e tutte le altre nel mondo sono segnate da questa chiusura. Essi sono perciò incapaci di analizzare le culture dell'occidente, incapaci di comprendere altre situazioni diverse da quelle dove l'islam è  maggioranza. E infine, sono incapaci di capire il mondo musulmano europeo: i loro criteri valgono solo per un mondo islamico dove tutti sono musulmani. Riescono a comprendere solo questo tipo di situazione medievale. Una società come la Turchia (laica) non la comprendono. Essi vogliono quindi etichettare tutto come islamico: la banca, la politica, la scienza, la medicina, ecc.

Quando questi imam arrivano in occidente, più del 90% di quelli in esercizio in Europa occidentale, non parlano la lingua del paese dove sono: parlano solo arabo, o turco, ecc.. Essi sono fuori della cultura del paese dove pur vivono. Cosa possono dunque dire ai giovani musulmani nati in Inghilterra, Francia, Germania? Possono solo riproporre il sistema medievale, magari aggiornato, ma non potranno lavorare a modernizzare l'Islam, riproponendo la frattura fra la religione e la società moderna.

Non c'è legame fra gli studi normali che fa un giovane occidentale e lo studio che fanno i loro imam . É come se i sacerdoti cattolici volessero evangelizzare il mondo avendo studiato solo la Bibbia partendo dai commenti antichi.

Il disagio dei giovani e il fondamentalismo

Questo spiega come mai dei giovani, educati dentro la modernità hanno compiuto i gesti terroristi a Londra. La maggior parte di essi erano e sono ragazzi normali, nati in Gran Bretagna. Poi, un disagio interiore li ha portati vicino a chi predica il fondamentalismo. Dalla Gran Bretagna sono andati in Pakistan per essere educati in una madrassah (scuola). In pratica sono stati educati al fondamentalismo. Tutti dicono: questo è un loro diritto. Ma analizzando questo insegnamento classico musulmano, si comprende che la radice del terrorismo è proprio il tipo di educazione che queste madrassah offrono.

Lo ripeto: la radice del terrorismo è il tipo di educazione che essi danno, l'insegnamento religioso musulmano tradizionale, il più diffuso. Nelle madrassah, nell'insegnamento islamico, l'insoddisfazione tipica di ogni giovane trova una risposta immediata e facile nella religione. Di fronte a problemi sociologici, culturali, psicologici, il mondo islamico non ha altra risposta che la risposta religiosa. Ad esempio, invece di analizzare un problema dal punto di vista politico, invece di lottare, magari insieme a cristiani ed atei, per far emergere la giustizia, diranno: facciamo la lotta in nome dell'islam.

Sotto questa influenza, i giovani abituati prima a vestire all'occidentale, cambiano vestito, prendono il vestito bianco, il copricapo in testa e si lasciano crescere la barba. Sono altrettanti simboli di un cambiamento di mentalità, di un rigetto dell'occidente e di un disagio identitario e spirituale. Fino a 30 anni fa questo non succedeva, oggi sì. E chi prende questi simboli, significa che è entrato in un modo di pensare fondamentalista, letteralista, capace di essere manipolato.

Anche il pellegrinaggio alla Mecca è un luogo di indottrinamento al fondamentalismo.

Ho conosciuto alcune signore musulmane che erano molto integrate nella società europea: si vestivano all'occidentale, si truccavano, andavano con il capo scoperto. Dopo il pellegrinaggio alla Mecca ritornano e si coprono col velo, si vestono col chador, chiedono carne halal…

Nel mondo islamico, uscire dai quadri religiosi previsti dalla comunità è difficile, ma è necessario farlo.

La distinzione fra secolare e religioso

È necessario lavorare perché nel mondo islamico sia presente la laicità. Essa è conosciuta al massimo da qualche musulmano educato nella cultura occidentale. In generale, nel mondo islamico la laicità non esiste. In arabo abbiamo la parola "laicità", 'almâniyya, neologismo coniato dai cristiani arabi, ma molto spesso la si confonde con "ateismo".

Occorre affermare la laicità anzitutto nella lettura del Corano.

Nel mio insegnamento all'università St Joseph a Beirut, ho insegnato più volte un corso su  Bibbia e Corano. Ai miei studenti ho detto: studiamo questi libri come dei documenti storici, dal punto di vista storico, filologico, ecc. Con i cristiani si riesce; ma con i musulmani è quasi impossibile.

Tutto questo rende difficile la comprensione storica del Corano e l'afferrare il significato originale (all'origine) delle parole. Faccio qualche esempio. Tutti sanno che la parola "paradiso" è di origine persiana, ma per gli studenti islamici e gli imam questa conclusione è inaccettabile. La parola Evangelo deriva dal greco, ma per gli studenti musulmani e i loro imam è inaccettabile: per loro il Corano è disceso direttamente da Dio e non può avere "incrostazioni" umane o storiche. Così, se nel Corano si trova una redazione del racconto dell'annuncio a Maria, per i musulmani è impossibile dedurre un'influenza del mondo cristiano sul Corano. E se le due redazioni si contraddicono in qualche punto, quella del Corano è senz'altro più giusta perché "è stata rivelata da Dio in modo completo".

L'unico modo di uscirne è di affermare che il Corano è un documento storico, scritto da un essere umano, magari ispirato religiosamente.

Per questo io dico sempre che i musulmani hanno bisogno di un illuminismo, cioè di una rivoluzione del pensiero che affermi il valore delle realtà mondane per sé, staccato dalla religione, anche se non in opposizione.  In Egitto gli studiosi stanno pubblicando da una trentina di anni una collana chiamata al-Tanwîr, l'illuminismo, nella speranza di cambiare un pochino le mentalità, ma l'influenza di al-Ahzar e dei mullah è ancora troppo forte.

Parlando dell'illuminismo, è chiaro che parliamo di un illuminismo che non rinnega l'elemento religioso. D'altra parte forse in occidente è stato necessario passare attraverso il secolarismo per ritrovare un nuovo equilibrio. Ormai in occidente la Chiesa non è vista come un nemico, ma come un elemento che contribuisce alla civiltà. E mentre c'è un umanesimo cristiano, riconosciuto anche da persone atee, non c'è umanesimo islamico. Se non si arriva a un umanesimo islamico, la distanza fra mondo moderno e mondo musulmano diverrà un abisso.

Nel mondo islamico c'è una modernizzazione tecnologica, scientifica, ma questa non porta a un umanesimo moderno. Molti terroristi sono persone di una certa levatura culturale; fra essi vi sono medici, professionisti; ingegneri elettronici… Hanno una grande cultura scientifica o tecnologica, ma non hanno costruito un legame fra la loro scienza e la religione. Essi prendono dall'occidente il frutto, la tecnologia, ma non si confrontano con il processo che ha generato quel frutto. Il frutto occidentale della tecnologia viene da un passaggio secolarizzante prima attraverso il cristianesimo, poi mediante il razionalismo e l'illuminismo. I musulmani accettano la tecnologia, ma non accettano la distinzione fra secolare e religioso. E questo è un errore, perché non genera un movimento di autocritica e di liberazione.

Se i musulmani scoprono questa distinzione, allora potrebbero dialogare con l'occidente, criticarlo, discernere ciò che vi è buono e ciò che è da rifiutare. Invece, la mancanza di questa distinzione spinge al rifiuto totale dell'occidente e al programma della sua distruzione. Senza recuperare laicità e distinzione fra secolare e religioso, l'Islam è condannato all'oscurantismo.

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