15/09/2007, 00.00
TURKMENISTAN
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Testimone di Geova condannato due volte per “obiezione di coscienza”

Già in carcere nel 2005 per rifiuto del servizio militare, è stato condannato ancora per la stessa ragione. Chi non va in prigione subisce anni di sorveglianza e di lavoro obbligatorio. Intanto il pastore battista Kalataevsky, condannato a 3 anni di lavori forzati, spera nell’amnistia annunciata per ottobre.
Ashgabat (AsiaNews) – Sono cinque in tre mesi i testimoni di Geova condannati per il rifiuto del servizio militare obbligatorio. Intanto rimane in carcere il pastore battista Vyacheslav Kalataevsky e per i familiari è persino difficile vederlo.
 
Il 12 settembre Begench Shakhmuradov è stato condannato a due anni di carcere con pena sospesa, la massima sanzione prevista per il rifiuto di prestare il servizio militare. Per la stessa ragione è già stato condannato a un anno di carcere nel febbraio 2005, ma liberato nell’aprile insieme ad altri in seguito alla grazia presidenziale. In carcere ha contratto la tubercolosi e anche per questo nel maggio 2007 ha rifiutato di nuovo la chiamata sotto le armi.
 
All’agenzia Forum 18 Shakmuradov spiega che “il tribunale avrebbe dovuto rispettare il diritto di libertà di pensiero e di religione” e che non può andare contro la propria coscienza “davanti a Dio”. “Ho detto alla Corte – spiega – che ero pronto a fare qualsiasi servizio alternativo”.
 
Il Testimone Suleiman Udaev dopo oltre un mese in prigione ha avuto la condanna a 18 mesi di carcere commutata in 2 anni di pena, sospesa, con lavoro obbligatorio, con il 20% del salario che andrà allo Stato. Altri tre Testimoni sono stati condannati per rifiuto del servizio militare, con pene sospese.
 
Intanto la famiglia del pastore battista Kalataevsky lamenta che ha potuto vederlo solo una volta per appena 40 minuti in un mese. In prigione da marzo, a maggio è stato condannato a 3 anni di campo di lavoro per essere tornato in Patria senza permesso, ma la moglie Valentina lamenta che nel processo gli è stata solo contestata la sua attività religiosa e la Corte non ha voluto verificare se la precedente espulsione del 2001 (per avere organizzato incontri di preghiera) fosse regolare. Ora spera di essere compreso nell’amnistia che il governo ha annunciato per la fine del Ramadan ad ottobre, di cui dovrebbero beneficiare oltre 9mila detenuti.
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