18/08/2008, 00.00
GIAPPONE
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Tokyo, a 63 anni dalla fine della guerra: più amici della Cina, più decisi contro il nucleare

di Pino Cazzaniga
Quest’anno le celebrazioni per la fine della Seconda guerra mondiale hanno messo in secondo piano la visita al controverso tempio Yasukuni, con appelli più espliciti a costruire legami più duraturi con il gigante cinese. La lotta dei giapponesi contro l’escalation nucleare, approvata anche da Henry Kissinger.

Tokyo (AsiaNews) – A 63 anni dalla sconfitta subita nella Seconda guerra mondiale il Giappone si ritrova più lontano dal militarismo imperialista; più amico della Cina; più deciso a cercare l’eliminazione degli ordigni nucleari dalla faccia della terra.

Il 15 agosto scorso, in un’immensa hall per arti marziali chiamata Budokan, e presso il contestato santuario shintoista Yasukuni, si è radunato simbolicamente tutto il Giappone per commemorare il 63° anniversario della fine della guerra. Dei due edifice, il primo è il più importante: solo là, da decenni, viene ufficialmente celebrata la memoria di oltre 2 milioni e mezzo di cittadini morti in una guerra che il primo ministro Yasuo Fukuda ha coraggiosamente qualificato come “miserabile”.

Il 15 agosto 1945 viene talvolta indicato come “il giorno piu’ lungo del Giappone”, perchè quanto è avvenuto allora ha di fatto cambiato il volto della nazione. Dal punto di vista cronologico esso è stato anche il giorno più corto: quella giornata, di fatto, è iniziata a mezzogiorno, quando tutti i giapponesi hanno ascoltato la voce dell’imperatore Hirohito che annunciava l’accettazione della resa incondizionata invitando tutti i sudditi a “sopportare l’insopportabile”.

Di conseguenza, anche la commemorazione di quell’avvenimento è iniziata a mezzogiorno con un minuto di preghiera silenziosa. La dignità della cerimonia ha trasformato la “hall delle arti marziali” in un tempio: sullo sfondo, migliaia di crisantemi simbolizzavano le anime dei deceduti; accanto l’imperatore Akihito e l’imperatrice Michiko; nella platea 6000 ospiti, per la maggior parte parenti dei militari defunti; in prima fila i rappresentanti delle massime cariche dello Stato.

Brevi e sostanziali le parole di commemorazione. L’imperatore le ha pronunciate rivolto verso i crisantemi. “Spero fortemente - ha detto - che l’orrore della guerra non si ripeta... e prego per la pace del mondo e anche per un ulteriore sviluppo della nostra nazione”.

L’uditorio al quale si è rivolto il primo ministro, invece, si estendeva al di là dei confini nazionali: “Il Giappone - ha detto Yasuda - ha inflitto molti danni e sofferenze a molte nazioni, specialmente in Asia. Esprimo umilmente le mie condoglianze a tutte le vittime della guerra e prometto solennemente di tramandare [la conoscenza dei] fatti storici alle generazioni future perché non svaniscano le lezioni di quella miserabile guerra”.

Purtroppo “il giorno più lungo” è solo a metà del suo corso: il processo di purificazione della memoria non è terminato. Nella stessa mattinata centinaia di cittadini, tre ministri e una cinquantina di parlamentari hanno visitato lo Yasukuni. Cina e Corea condannano quelle visite da parte dei ministri, non solo perche’ dal 1974 vi sono state incluse le “tavolette commemorative” di militari condannati per crimini di Guerra, ma soprattutto perche lo Yasukuni è stato il simbolo più forte dell’infausto militarismo.

La Cina più amica

In molte nazioni dell’Asia il 15 agosto si ricorda proprio la liberazione dal giogo giapponese.  Il quel circostanza di solito, ai sentimenti di esultanza si mescolano a quelli di ostilità verso il Giappone.

Ma per la Cina, quest’anno, l’atteggiamento è stato benevolo. Anche se non va esclusa l’influenza delle Olimpidi di Pechino, il motivo principale va forse individuato nell’atteggiamento diplomatico di Yasuda, noto per la sua apertura verso l’Asia, Cina in particolare.

Pechino ha contraccambiato l’offerta di amicizia con atti concreti. Quest’anno, per la prima volta, il rappresentante del governo cinese ha partecipato alla celebrazione commemorativa del bombardamento atomico ad Hiroshima. Il 12 agosto, poi,  ricorreva il 30° anniversario della firma del trattato di amicizia e collaborazione tra Cina e Giappone. Per l’occasione, Cui Tiankai, ambasciatore cinese a Tokyo, ha dato un ricevimento solenne durante il quale ha detto: “In questi trent’anni abbiamo costruito i nostro vicendevoli legami e continueremo ad espandere le nostre relazioni”. Ospite di riguardo, naturalmente, è stato Yasuda, non solo perche’ primo ministro, ma anche perche’ 30 anni fa il premier giapponese era suo padre Takeo, promotore dei rapporti di amicizia con l’Asia. Tra gli ospiti vi era pure la signora Sonoda Tenkoko (89 anni), il cui marito Sunao, allora ministro degli esteri, ha firmato il trattato. Intervistata dal The Japan Times, Sonoda, con un pizzico di arguzia, ha risposto: “Probabilmente in qualche luogo il mio defunto marito starà scambiando un brindisi con Deng Xiaoping”.

Hiroshima e Nagasaki, un mondo senza armi nucleari

La commemorazione al Budokan ha assunto una dimensione di largo respiro internazionale se la considera come il vertice di una riflessione collettiva iniziata dieci giorni prima e che ha avuto le espressioni piu’ significative nella “dichiarazioni per la pace” dei sindaci di Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e 9 agosto, le date dei rispettivi olocausti atomici.

Nelle dichiarazioni per la pace Akiba Tadashi, per Hiroshima, e Taue Tomihisa, per Nagasaki, hanno presentato le due città come profezia del disarmo atomico integrale, tema consueto anche nei discorsi commemorativi degli anni precedenti.  Gli appelli di quest’anno sono originali perché sono stati rivolti non all’umanita’ in genere, ma alle grandi potenze nucleari usando argomentazioni espresse da personalita’ politiche di queste stesse nazioni e indicando iniziative concrete

Alcuni anni fa, su inziativa dei sindaci di Hiroshima e Nagasaki, è stato costituito il gruppo (internazionale )chiamato “Sindaci per la Pace” (Mayors for Peace”). Ad esso hanno già aderito  2368 citta’. Akiba ha rivelato che nell’aprile di quest’anno il gruppo ha proposto il “Protocollo Hiroshima-Nagasaki” come supplemento a Trattato di non-proliferazione nucleare: un invito alle potenze nucleari a sospendere immediatamente gli sforzi per produrre e installare ordigni nucleari. Il protocollo mira a realizzare un mondo denuclearizzato entro il 2020.

Per decenni, quando l’equilibrio di potere nel mondo dipendeva dalla deterrenza nucleare, le disperate suppliche di Hiroshima e Nagasaki sono state inascoltate. Quella politica si è rivelata tragicamente erronea. Questa è la sostanza della dichiarazione del sindaco di Nagasaki, che , secondo l’editorialista dell’Asahi Shimbun, costituisce un passo senza precedenti.

 “Negli Stati Uniti, la piu’ grande potenza nucleare - ha detto Taue - coloro che nel passato erano i leader della politica nucleare stanno parlando contro di essa. Ho deciso di basarmi sulle loro parole per rivolgere agli Stati Uniti un forte appello per quanto Nagasaki ha chiesto da molto tempo” . Il primo dei “convertiti” politici ai quali Taue ha alluso, è l’ex segretario di stato Henry Kissinger, ideatore e realizzatore della strategia della deterrenza nucleare. Nell’articolo “Toward a nuclear-free World”, pubblicato in gennaio sul The Wall Street Journal, egli ha affermato che l’unico mezzo per ottenere la sicurezza contro le armi nucleari è quello di eliminarle completamente.

Il 30 giugno, George Roberson, inglese, ex segretario generale della NATO, commentando la proposta di Kissinger ha scritto: “Durante la guerra fredda, le armi nucleari hanno avuto il perverso effetto di rendere il mondo un luogo relativamente stabile. Questo non è più il caso”.

Con il forte appello di quest’anno il sindaco di Nagasaki ha reso noto a tutto il mondo quanto i “convertiti” politici hanno scritto su pubblicazioni per iniziati.

Vale la pena ricordare che quest’anno ricorre anche il centenario della nascita di Nagai Takashi, il dottore cattolico di Nagasaki, che persa la moglie nel bombardamento atomico, ha consacrato le forze che gli rimanevano per alleviare le sofferenze delle vittime dell’atomica.  Egli usava dire: “Nella guerra non ci sono né vincitori, né sconfitti; c’e’ solo rovina”.

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