21/06/2015, 00.00
VATICANO – ITALIA
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Torino, Papa ai giovani: Siate casti nell’amore e andate controcorrente. Non andate in pensione a 20 anni!

L’ultimo incontro della prima giornata di Francesco a Torino è con i giovani, riuniti a piazza Vittorio. Francesco risponde a braccio a tre domande sull’amore, l’amicizia e la sfiducia nei confronti della vita: “Vi capisco, quanti sono ipocriti e parlano di pace vendendo armi. Come si può avere fiducia? Seguendo Cristo, il cui gesto di amore estremo, cioè la Croce, ha salvato l’umanità”. Una disamina degli orrori del Novecento come prova di sfiducia nei confronti delle potenze mondiali. E il ripetuto invito ai ragazzi: “Non andate in pensione a 20 anni, vivete e non vivacchiate!”. Il testo completo della risposta del papa (a cura di AsiaNews).

Torino (AsiaNews) – L’amore, l’amicizia e l’atteggiamento nei confronti della vita vanno vissuti alla luce degli insegnamenti di Gesù: soltanto così si potranno comprendere nella loro pienezza. Lo ha detto papa Francesco nel corso dell’ultimo incontro pubblico durante la visita pastorale a Torino, quello con i giovani riuniti in piazza Vittorio. Il pontefice benedice la Croce della Giornata mondiale della Gioventù, nel suo pellegrinaggio verso Cracovia dove si svolgerà la prossima edizione dell’incontro mondiale.

Il papa ascolta tre domande che gli vengono poste da altrettanti ragazzi, e poi risponde in un blocco unico in un lungo intervento a braccio. La prima è una ragazza disabile di 19 anni, che sta affrontando l’esame di maturità e ha fatto un tirocinio per divenire assistente di insegnanti di sostegno e che chiede al papa “in cosa consiste l’amore più grande, quello di Cristo; Sara, circa 30 anni, che “ha una vita piena” ma che non riesce a trovare lavoro; un giovane che segue sette oratori, che infine interroga il pontefice sul senso dell’amicizia con Cristo. Di seguito il testo completo della risposta del papa (a cura di AsiaNews).

Grazie a Chiara, Sara e Luigi. Grazie perché le domande sono sul tema delle tre parole del Vangelo di Giovanni che abbiamo sentito. Amore, vita e amici. Tre parole che nel testo di Giovanni si intercrociano, e una spiega l’altra. Non si può parlare della vita nel Vangelo senza parlare di amore e di vita; e non possiamo parlare di amore senza questa trasformazione, da servi ad amici.

Queste tre parole sono tanto importanti per la vita. Ma tutte e tre hanno una radice comune, la voglia di vivere. E qui mi permetto di ricordare le parole del beato Piergiorgio Frassati: “Vivere, non vivacchiare”. Ma voi sapete che è brutto vedere un giovane fermo, che vive ma come – permettetemi la parola – come un vegetale. Fa le cose ma… La vita è la vita: si vive come si vive. Non è una vita che si muove, è ferma. Sapete che a me danno tanta tristezza al cuore i giovani che vanno in pensione a 20 anni! Sono invecchiati presto, e poi? Per questo, quando Chiara faceva quella domanda sull’amore, quello che fa che un giovane non vada in pensione… La voglia di amare, di dare quello che è più bello per l’uomo e per Dio. Perché la definizione di Dio che dà Giovanni è “Dio è amore”.

Quando un giovane vive, ama e cresce non va in pensione. Cresce, cresce, cresce e dà. Cos’è l’amore? È la telenovela, il calabrone che vediamo? Alcuni pensano che questo sia l’amore. Parlare dell’amore è tanto bello, si possono dire tante cose belle. Ma l’amore ha due assi sulle quali si muove. E se questa persona, quel giovane non ha queste due assi, queste due dimensioni, non è amore.

Prima di tutto, che l’amore è più nelle opere che nelle parole. L’amore è concreto. Alla famiglia salesiana, due ore fa, parlavo di concretezza della loro vocazione. Gli ho detto che si sentono giovani, e sono qui davanti [applausi e risate]. L’amore è concreto, più nelle opere che nelle parole. Dire “io ti amo” non è amore: cosa fai per amore? L’amore si dà. Ma pensate che Dio ha incominciato a parlare di amore quando Lui si è coinvolto con il Suo popolo. Quando ha scelto il suo popolo, ha fatto alleanza con il suo popolo, ha salvato il suo popolo, ha perdonato tante volte – Dio ha tanta pazienza – ma ha fatto! Ha fatto cose, opere di amore.

La seconda dimensione, il secondo asse su cui gira l’amore, è che l’amore sempre si comunica. Cioè, l’amore ascolta e risponde. L’amore si fa nel dialogo, nella comunione, si comunica. L’amore non è né sordo né muto, si comunica. Queste due dimensioni sono molto utili per capire cosa è l’amore, che non è un sentimento romantico, nel momento o una storia. No, è concreto, nelle opere e si comunica. È nel dialogo, sempre. Così Chiara risponderò a quella domanda: spesso però ci sentiamo delusi, proprio nell’amore. In che cosa consiste l’amore di Gesù? Come possiamo sperimentarlo.

Adesso, io so che voi siete buoni e mi permetterei di parlare con sincerità. Io non vorrei fare il moralista, ma vorrei dire una parola che non piace: una parola impopolare. Anche il papa alcune volte deve rischiare sulle cose per dire la verità. L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone. Non usa le persone. E cioè, l’amore è casto. E a voi, giovani, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto la pubblicità, il piacere… Passare bene la vita… Io vi dico: siate casti! Siate casti!

Tutti noi abbiamo passato, nella vita, siamo passati per momenti nei quali questa virtù è molto difficile. Ma è proprio la prova di un amore genuino, che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. Un amore che fa sacra la vita dell’altra person: “Io ti rispetto, non voglio usarti”. Non è facile, tutti conosciamo le difficoltà per superare questa concezioni facilista ed edonista dell’amore.

Perdonatemi, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente. E di questo, traiamo una conseguenza: se l’amore è rispettoso, è nelle opere e nel comunicare, allora l’amore si sacrifica per gli altri. Guardate l’amore dei genitori, di tante mamme, di tanti papà che al mattino arrivano al lavoro stanchi, perché non hanno dormito bene per curare il figlio ammalato. E questo è amore, questo è rispetto! Questo non è passarla bene, questo è – e andiamo su un’altra parola chiave – servizio. L’amore è servizio, è servire gli altri. Quando Gesù, dopo la lavanda dei piedi, ha spiegato il gesto agli Apostoli, ha insegnato loro che noi siamo per servirci gli uni gli altri. E se io dico che amo, e non servo l’altro, non lo aiuto, non lo faccio andare avanti, non mi sacrifico, non è amore. Avete portato la Croce: quello è il segno dell’amore di Dio. Quelle opere, durante tanti secoli di storia, finisce lì: Suo Figlio sulla Croce. Il servizio più grande, dare la vita, sacrificarsi per aiutare gli altri.

E non è facile parlare di amore, vivere l’amore, ma con queste cose che ho detto, Chiara, credo che ho aiutato in qualcosa per le domande che tu mi facevi. Non so, spero di esserci riuscito. Grazie a te, Sara, appassionata di teatro. Spesso respiriamo un senso di sfiducia nella vita. E sì! Perché ci sono situazioni che ci fanno pensare “mah, vale la pena vivere così? È giusto vivere così? Cosa posso aspettarmi da questa vita?”. Pensiamo in questo momento alle guerre. Alcune volte ho detto che stiamo vivendo la Terza Guerra mondiale ma a pezzi. In Europa c’è la guerra, in Africa c’è la guerra, in Oriente c’è la guerra, in altri Paesi c’è la guerra. Ma posso avere fiducia in un mondo così? Posso fidarmi dei dirigenti mondiali? Quando vado a dare il voto per un candidato, mi posso fidare che non porterà il mio Paese alla guerra?

Se tu ti fidi soltanto degli uomini, hai perso. [risate e applausi]. A me fa pensare una sola cosa: gente, dirigenti, imprenditori che si dicono cristiani e fabbricano armi [applausi]. E quello dà un poco di sfiducia. Ma si dicono cristiani! No no padre, io non fabbrico! Soltanto ho i miei investimenti nelle fabbriche di armi. Eh! E perché? Perché gli interessi sono un poco più alti. E anche la doppia faccia è moneta corrente oggi. Dire una cosa e farne un’altra [applausi]. L’ipocrisia. Ma vediamo cosa è successo il secolo scorso.

Nel ‘14, ‘15 c’è stata quella grande tragedia dell’Armenia [applausi]. Tanti, milioni sono morti. Ma dov’erano le grandi potenze di allora? Guardavano da un’altra parte. Perché erano interessati nella guerra loro, e che questi muoiano. Sono esseri umani di terza classe [applausi]. Poi negli anni ’30 e ’40 la tragedia della Shoah. Le grandi potenze avevano le fotografie delle vie ferroviarie che portavano i treni ai campi di concentramento, ad Aushwitz, per uccidere ebrei, cristiani, rom, omosessuali… Ma dimmi, perché non li hanno bombardati? Eh, interessi [applausi]. Un poco dopo, quasi contemporaneamente, c’erano i lager in Russia. Stalin, quanti cristiani hanno sofferto e sono stati uccisi? Le grandi potenze, mah, si dividevano l’Europa come una torta. Sono dovuti passare tanti anni prima di arrivare a una certa libertà.

C’è quell’ipocrisia di parlare di pace e fabbricare armi, e persino vendere le armi ai due che sono in guerra fra loro [applausi]. Io capisco quello che tu dici della sfiducia nella vita. Anche oggi, a me piace dire che stiamo vivendo una cultura dello scarto. Perché quello che non è di utilità economica si scarta: si scartano i bambini, perché non si fanno o si uccidono prima che nascano. Si scartano gli anziani perché non servono e si lasciano a morire: una sorta di eutanasia nascosta. E adesso si scartano i giovani, ma pensa a quel 40% di giovani qui senza lavoro. È proprio uno scarto! [applausi]

Ma perché? Perché nel sistema economico mondiale non sono uomo e donna al centro, come vuole Dio. Ma il dio denaro. E tutto si fa per denaro. [applausi]. In spagnolo c’è un proverbio: “Per i soldi balla la scimmietta” [applausi]. E così, con questa cultura dello scarto, ci possiamo fidare della vita o la sfiducia si allarga? Un giovane che non può studiare, che non ha lavoro, che ha la vergogna di non sentirsi degno perché non ha lavoro e non si guadagna la vita… Ma quante volte questi giovani finiscono nelle dipendenze, si suicidano? Le statistiche dei suicidi dei giovani non si conoscono bene. O quante volte vanno a lottare con i terroristi, almeno per fare qualcosa per un ideale? Capisco questa sfida.

E per questo Gesù ci diceva di non avere le nostre sicurezze nelle ricchezze e nei poteri mondani. Come mi posso fidare della vita, come posso vivere una vita che non distrugga, che non sia una vita di distruzione, una vita che non scarti le persone, come posso viverla? Una vita che non mi deluda?

Passo a dare la risposta alla domanda di Luigi. Lui parlava di un progetto di condivisione, cioè di collegamento. Cioè, di costruzione. Noi dobbiamo andare avanti con i nostri progetti di costruzione, e questa vita non delude. Se tu ti coinvolgi in un progetto di costruzione, di aiuto – pensiamo ai bambini di strada, ai migranti, ai tanti che hanno bisogno ma non soltanto per dargli da mangiare ma per coinvolgerli – allora quel senso di sfiducia se ne va. Cosa devo fare per questo? Non andare in pensione troppo presto! Fare, fare! [applausi] .

Ti dirò una parola: fare controcorrente. Per voi giovani che vivete questa situazione economica, anche culturale, edonista, consumista, con i valori di bolle di sapone, con questi valori non si va avanti. Ma fare cose costruttive, anche piccole ma che ci uniscano fra noi, i nostri ideali. Questo è il migliore antidoto contro la sfiducia, contro questa cultura che ti offre solo piacere – passarla bene, avere soldi e non pensare ad altre cose. Fare controcorrente, essere creativi.

L’estate scorsa ho ricevuto – era agosto, Roma era morta – mi avevano parlato al telefono un gruppo di ragazzi e ragazze che facevano un camping per varie città dell’Italia e sono venuti da me. Ma poveretti, tutti sporchi, stanchi ma gioiosi! Perché avevano fatto qualcosa controcorrente [applausi]. Tante volte le pubblicità vogliono convincerci che questo è bello, questo è buono, ma ci fanno credere che sono diamanti: ma vendono vetro, e pure altre cose! Noi dobbiamo andare contro questo, non essere ingenui. Non comprare sporcizie che ci dicono che sono diamanti.

Per finire, vorrei ripetere la parola di Pier Giorgio Frassati. Se volete farcela, se volete fare qualcosa di buono nella vita, vivete e non vivacchiate. Ma voi siete intelligenti, e sicuramente mi direte “Padre, lei parla così perché è in Vaticano [risate] ha tanti monsignori che le fanno il lavoro, è tranquillo e non sa cos’è la vita di ogni giorno”. Ma, sì, qualcuno può pensare così. Il segreto è capire bene dove si vive. In questa terra, alla fine dell’Ottocento c’erano le condizioni più cattive per far andare avanti la gioventù: la massoneria, la Chiesa non poteva fare nulla; i mangiapreti; c’erano i demoniaci. E uno dei momenti più brutti, e dei posti più brutti della storia d’Italia. Se volete fare un bel compito a casa, andate a cercare quanti santi e quante sante sono nati in quel tempo. Perché se ne sono accorti, che bisognava andare controcorrente a quella cultura.

Vivere la realtà, e se è vetro e non diamante cerco di andare controcorrente e di fare una mia cosa che sia giusta. Grazie, grazie, grazie tante [applausi]. Sempre amore, vita, amici. Ma soltanto si possono vivere queste parole in uscita. Uscendo sempre per portare qualcosa. Se rimani fermo, non farai niente nella vita e la rovinerai. 

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