28/04/2008, 00.00
PAKISTAN
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Ucciso perchè “blasfemo”, ora rischia anche la sua famiglia

di Qaiser Felix
La sorella del giovane Jagdeesh Kumar, il 22enne indù ucciso dai suoi compagni di lavoro che lo accusavano di blasfemia, chiede una vera inchiesta sul caso al governo, che ha fermato gli assassini senza accusarli di omicidio. Emarginata, la famiglia chiede giustizia. L’appello della Chiesa.
Karachi (AsiaNews) – Finché in Pakistan non tornerà la giustizia, sarà impossibile sopravvivere per chi non è musulmano. Questa durissima accusa viene da Rameshri Kumar, sorella di Jagdeesh, il 22enne indù ucciso dai suoi compagni di lavoro che lo accusavano di blasfemia. Lo sfogo è contenuto in una lunga intervista al quotidiano Dawn, che ricostruisce la morte del giovane e la situazione attuale della famiglia “odiata da tutti per un’accusa falsa, che già ci ha procurato tanto dolore”.
 
Condannato a morte dai suoi stessi colleghi, il giovane è stato picchiato per quasi mezz’ora lo scorso 8 aprile dai musulmani della fabbrica di pelli in cui lavorava. Con l’accusa di aver parlato male del profeta islamico, gli operai hanno applicato in modo arbitrario la famigerata legge anti-blasfemia vigente nel Paese, che prevede la pena di morte per chiunque dissacri l’islam e Maometto. Si tratta della prima vittima indù di questa legge.
 
La polizia ha arrestato i tre operai che hanno condotto l’aggressione, ma i tre sono accusati di “non aver avvertito l’autorità giudiziaria della blasfemia in corso” e non dell’omicidio. Ratan Kumar, consigliere del distretto di Karachi dove è avvenuto l’omicidio, dice: “Abbiamo dei sospetti, e crediamo che la polizia abbia volutamente coperto la situazione. Questo è un caso di omicidio, non di blasfemia”.
 
Nel frattempo, però, la famiglia Kumar è in pericolo: secondo la mentalità pakistana, infatti, i familiari di un blasfemo devono essere emarginati, e rischiano la vita anche loro. Un’altra sorella dell’ucciso, Sundri, dice: “Una situazione del genere sarebbe impossibile in tutto il resto del mondo. Non vogliamo risarcimenti o aiuti finanziari: vogliamo giustizia, vogliamo che questa infamia sia allontanata da noi”.
 
La Chiesa cattolica è intervenuta per chiedere al nuovo governo di intervenire, dando “un segnale di cambiamento” rispetto al precedente esecutivo. In un comunicato della Commissione episcopale giustizia e pace si legge infatti: “Condanniamo l’uccisione del giovane Jagdesh, e ci appelliamo al governo affinché venga fatta piena luce sull’episodio. Non si possono più tollerare tali violazioni ai diritti delle minoranze”.
 
Il Pakistan è un Paese a larghissima maggioranza musulmano. La popolazione indù si aggira intorno all’1,6 % del totale, mentre i cattolici non superano il 2,2 %.
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