20/05/2010, 00.00
GIAPPONE-COREA
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Un passo per la riconciliazione storica: dichiarazione di intellettuali giapponesi e coreani

di Pino Cazzaniga
I duecento firmatari affermano che è “invalido e vuoto” il trattato che nel 1910 sancì l’annessione della Corea al Giappone. Quell’accordo e il successivo sfruttamento colonialista attuato da Tokyo hanno finora impedito che tra le due nazioni si creassero relazioni positive e aperte.
Tokyo (AsiaNews) – E’ un passo significativo per la riconciliazione storica tra giapponesi e coreani quello compiuto il 10 maggio, contemporaneamente a Tokyo e Seoul: intellettuali giapponesi e coreani hanno letto una dichiarazione congiunta con cui affermano che il trattato di annessione della Corea al Giappone, avvenuta cento anni fa, è stato un atto invalido e vuoto. L’affermazione, anche se non ancora avallata dal governo giapponese, è di estrema importanza, perchè apre una strada senza la quale non è possibile stabilire tra le due nazioni relazioni positive e stabili, aperte verso il futuro.
 
Coraggiosa iniziativa di intellettuali giapponesi e coreani
 
Il 22 agosto 1910 il comandante dell’esercito giapponese di stanza nella capitale coreana (Seoul) fece circondare il palazzo imperiale e costrinse l’imperatore (coreano) Sunjong a riconoscere il trattato di annessione (della Corea al Giappone) che già alcuni giorni prima i suoi ministri avevano firmato. La Corea cessava di esistere come nazione. Il processo di copertura giuridica dell’aggressione imperialista giapponese era iniziato cinque anni prima (17 nov. 1905) con la firma (estorta) del trattato di “protettorato giapponese” che toglieva alla Corea il diritto di condurre politica estera.
 
Queste due firme hanno costituito per vari governi giapponesi il pretesto di riconoscere legittima l’annessione della penisola. Legittimità mai riconosciuta dai coreani. Il nodo della diversa interpretazione giuridica, che ha reso difficile le relazioni amichevoli tra le due nazioni, è continuato anche dopo il 1945, quando in forza del trattato di pace il Giappone ha rinunciato alla colonie conquistate durante il periodo imperialista.
 
Il “nodo giuridico” poteva essere risolto soltanto da una visione oggettiva e comune della storia . È quello che hanno fatto 105 intellettuali giapponesi e 109 intellettuali coreani. La dichiarazione congiunta dei “duecento” è il risultato di cinque mesi di studi e di negoziati. Sono rimasti disaccordi in elementi secondari ma non nella tesi di fondo “L’annessione della Corea da parte del Giappone - si legge nella dichiarazione congiunta - è stato un atto imperialistico e illecito (imposto) con la forza militare per reprimere le proteste dei coreani”.
 
Verso la purificazione della memoria collettiva
 
Con il loro lavoro e dichiarazione i due gruppi di studio hanno aperto la strada ai rispettivi popoli per ricordare il centenario della tragedia con efficacia e positivamente in un contesto di purificazione della memoria.
 
L’editorialista del The Korean Times commenta: “Per i 109 intellettuali, scrittori e attivisti coreani è stata solamente una cosa giusta e retta stendere e firmare questa dichiarazione nel centesimo anniversario della disgraziata annessione della loro nazione da parte di un vicino forte. Ma – aggiunge - una lode più grande è dovuta alla controparte del 105 giapponesi per il coraggio e la coscienza mostrati nell’ammettere gli errori storici commessi dai loro antenati”.
 
E l’”errore storico” dell’annessione ha significato per la Corea 45 anni di umiliante schiavitù: dignità nazionale vilipesa, sfruttamento delle sue risorse materiali ed economiche per lo sviluppo del Giappone, centinaia di migliaia di coreani obbligati a lavorare nelle miniere e fabbriche giapponesi e migliaia di giovani coreane spedite in Cina e in altre zone dell’Asia e del Pacifico come “donne conforto” a servizio dell’esercito nipponico.
 
La connivenza dell’Occidente
 
Data la prospettiva dello studio dei “duecento” la dichiarazione congiunta non accenna alla corresponsabilità delle potenze occidentali allora operanti nel Pacifico e in Asia. La “purificazione della memoria” è un dovere anche per loro perchè il Giappone non avrebbe realizzato il piano di conquista della penisola coreana senza il loro beneplacito.
 
Accenniamo a due avvenimenti che hanno relazione stretta con l’annessione. Nel primo il soggetto bisognoso di “purificazione storica” è l’America. Prima di procedere nella realizzazione del piano di annessione, i giapponesi si sono assicurati l’appoggio degli Stati Uniti. Nel 1904 il presidente Theodore Roosevelt non solo lasciava loro mano libera ma li incoraggiava a stabilire il loro controllo sulla Corea. Nel luglio del 1905 il ministro della difesa (Secretary of war) degli USA, William Taft, si incontrò a Tokyo con il primo ministro giapponese Katsura Taro per scambiarsi le opinioni sulla Corea e sulle Filippine. In sostanza l’America disse ai giapponesi: a voi la Corea a noi le Filippine. Ciò è documentato nel cosiddetto Taft-Katsura Memorandum, in cui Taft ha espresso l’opinione che era desiderabile il controllo della Corea da parte del Giappone.
 
Tre mesi dopo il comando militare giapponese costringeva il governo coreano a firmare il trattato di protettorato.
 
Nel 1907 l’imperatore (coreano) Kojong, che si era rifiutato di approvare il trattato, mandò due missioni segrete, una negli Stati Uniti e l’altra all’Aia, dove era in corso la seconda conferenza internazionale per la pace nel mondo, allo scopo di perorare la causa dell’indipendenza nazionale. Ma sia il governo americano che le potenze europee si rifiutarono di rendere qualsiasi assistenza alla Corea.
I giapponesi, scoperta l’iniziativa segreta dell’imperatore, lo obbligarono a abdicare a favore del figlio Sunjong, che tennero in ostaggio in Giappone fino a quando firmò il trattato di annessione (1910).
 
Iniziato il cammino della riconciliazione storica
 
L’iniziativa dei due gruppi di intellettuali non si è conclusa con la semplice dichiarazione congiunta. Per coscientizzare l’opinione pubblica nelle due nazioni essi intendono raccogliere firme di personalità autorevoli in Giappone, inserire pubblicità sul New York Times e altri media stranieri, e organizzare symposium a Seoul e a Tokyo.
 
Il movimento ha già ispirato parlamentari in Giappone e in Corea a promuovere dichiarazioni simili a quella dei “duecento” nel mese di agosto. Anzi sembra che circa 100 parlamentari giapponesi intendono presentare alla Dieta (parlamento), entro la fine dell’anno, una mozione per confermare ufficialmente l’invalidità dell’annessione. Il cammino iniziato, benché si preveda duro, difficilmente si bloccherà.
 
Ambivalenza dei sentimenti dei coreani verso il Giappone
 
Il giornalista coreano Shin Chul-Ho, in un articolo intitolato “l’odio di un coreano verso il Giappone”, denuncia, senza mezzi termini la mancanza di pentimento per gli errori del passato in ambienti politici e governativi giapponesi e la tendenza a presentare in modo distorto la storia delle relazioni tra i due Paesi. Ma è attento a non confondere circoli politici con il popolo giapponese. “Per essere onesti, scrive, (dobbiamo riconoscere) che ci sono molte buone cose che noi (coreani) dobbiamo imparare dal popolo giapponese. In quanto coreano sento una certa distanza emotiva dal Giappone come nazione ma nello stesso tempo amo i giapponesi. Essi sono gentili, educati, onesti e ordinati. Sono attenti a non procurare disagio a nessuno”, ed esorta i connazionali a liberarsi da un modo immaturo di pensare.
 
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