21/08/2015, 00.00
ISRAELE - PALESTINA
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Uri Avnery: Fermo amministrativo, strumento fascista e inefficace nella lotta al terrorismo

di Uri Avnery
Per l’intellettuale e pacifista israeliano, si tratta di uno mezzo contrario al diritto. Shin Bet e polizia, pronti a colpire gli arabi, mostrano gravi lacune nella lotta contro l’estremismo ebraico. Israele rischia di replicare la tragedia della Repubblica di Weimar. Servono ufficiali fedeli allo Stato e parità di trattamento fra ebrei e arabi.

Gerusalemme (AsiaNews) - Il fermo amministrativo, oltre che violare i diritti umani degli individui, è uno strumento inefficace nella lotta contro il terrorismo. Ad affermarlo è il grande intellettuale e pacifista israeliano Uri Avnery, che denuncia la deriva estremista di alcuni gruppi interni allo Stato di Israele e il pericolo che il Paese si trasformi in una nuova Repubblica di Weimar. Il provvedimento è stato usato sinora per arrestare arabi sospettati di legami col terrorismo; di recente è stato applicato anche a esponenti dell’ambiente ultra-ortodosso ebraico, responsabili di gravi atti di violenza. 

Difatti nell’ultimo periodo si è registrata la fine terribile di un bambino arabo di soli 18 mesi, morto nell’incendio della propria abitazione; un rogo originato dall’assalto di coloni ebraici. E ancora, l’accoltellamento di alcuni giovani partecipanti all’annuale marcia del Gay Pride a Gerusalemme, che ha causato il decesso di una ragazza di soli 16 anni. Senza dimenticare i roghi alle chiese e alle moschee della Terra Santa.

Le autorità israeliane hanno risposto a questa ondata di violenze estendendo l’applicazione del “fermo amministrativo” non solo agli arabi, ma anche agli stessi cittadini ebraici come conferma l’arresto del giovane ultra-ortodosso Meir Ettinger. Come ha evidenziato in un’intervista ad AsiaNews il leader cattolico palestinese Bernard Sabella il provvedimento giudiziario “viola diritti umani e giusto processo”. Un parere condiviso da Uri Avnery, secondo cui la risposta migliore alla violenza e al terrorismo sono “funzionari fedeli allo Stato e parità di trattamento fra ebrei e arabi”.
Ecco, di seguito, l’analisi del grande pacifista israeliano. Traduzione dall’inglese di AsiaNews.

Alcuni fra i miei migliori amici mi chiedono di scrivere un articolo di condanna incondizionata del “fermo amministrativo” di alcuni terroristi ebraici. 

Finora tre sospetti terroristi sono già stati arrestati in base a questa procedura. Essi sono membri di un gruppo che segue gli insegnamenti del rabbino Mei Kahane (oggi il leader è suo nipote). Kahane era un rabbino americano immigrato nel Paese e responsabile della nascita di un gruppo bollato dalla Corte suprema come razzista e anti-democratico. Esso è stato messo fuorilegge. Egli è stato in seguito assassinato da un arabo negli Stati Uniti. Oggi una parte dei suoi seguaci è attiva in Israele, seppur in modo clandestino. 

Ed è proprio uno di questi gruppi che rientrano all’interno di un movimento più ampio e sotterraneo, chiamato in modo generico “Price Tag” o “Hilltop Youth”, che si è reso protagonista di diversi atti di terrorismo, dando fuoco a chiese cristiane e moschee musulmane, attaccando agricoltori arabi e distruggendo uliveti. Nessuno dei responsabili è mai stato arrestato, né dall’esercito (che opera come forza di polizia nei Territori Occupati), né dalla stessa polizia israeliana. Molti ufficiali dell’esercito sono essi stessi abitanti degli insediamenti nelle aree occupate della Cisgiordania, che sono considerate illegali in base al diritto internazionale. 

L'opinione pubblica israeliana ha prestato poca attenzione a questi oltraggi, ma negli ultimi tempi si sono verificati eventi che hanno sconvolto gli stessi israeliani compiacenti. Uno di questi è stato il bombardamento di un’abitazione araba nel piccolo villaggio di Douma, in Cisgiordania. Col favore delle tenebre, una bomba incendiaria è stato gettata nella casa di una povera famiglia araba. Un bambino di soli 18 mesi è morto per le bruciature riportate; suo padre, sua madre e il fratello hanno riportati ferite gravissime. Il padre è quindi deceduto in un secondo momento in ospedale. 

Questi episodi di bombardamenti sono abbastanza usuali, sebbene finora le famiglie arabe vittime degli attacchi sono sempre riuscite a mettersi in salvo. Un altro oltraggio è stato commesso a Gerusalemme - contro gli ebrei. Un ultra-ortodosso ebraico ha attaccato l’annuale marcia del Gay Pride in centro città. Egli è riuscito ad accoltellare diversi manifestanti, uno dei quali - una ragazza di 16 anni - è poi morta per le ferite riportate. L’autore aveva fatto la stessa cosa esattamente 10 anni fa. Ha scontato una lunga pena detentiva, è stato rilasciato poche settimane fa e ha compiuto di nuovo lo stesso gesto. Egli è un ebreo ultra-ortodosso, sebbene non sembra avere nessun legame con la banda dei Kahanisti. 

Tutto questo è davvero troppo. Per anni, nessuno è stato mai incriminato per atti di terrorismo ebraico. Molti credono che questi atti siano stati commessi in combutta con l’esercito di occupazione e lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno. Ora, però, si è sollevata una ondata di protesta pubblica, e le autorità sono giunte alla conclusione che devono fare qualcosa.

Da qui, gli ordini di fermo amministrativo. 

Il “fermo amministrativo” è un retaggio del regime coloniale britannico che ha governato la Palestina fino al maggio 1948. Lo Stato israeliano lo ha fatto proprio, cambiandone solo alcuni aspetti secondari. 

Questa forma di arresto consente a un comandante militare di rinchiudere una persona in prigione senza processo. Il mandato resta in vigore per sei mesi, ma può essere rinnovato senza limiti. Ogni pochi mesi il prigioniero deve essere condotto davanti a un normale giudice, ma i magistrati interferiscono solo in rare occasioni. A livello mentale, i giudici israeliani stanno sull'attenti quando a testimoniare è un ufficiale militare dell’esercito.

I prigionieri non hanno il diritto di conoscere le prove a loro carico e di confrontarsi con i loro accusatori, né sono autorizzati a farsi rappresentare da un avvocato in sede legale. La ragione ufficiale è che non possono essere sottoposti a processo senza “bruciare” informatori e altre fonti di notizie preziose, le quali assumono un’importanza vitale in chiave di lotta efficace al terrorismo e per salvare vite umane. 

Questo strumento è utilizzato da tempo contro sospetti arabi. In questo momento, molte centinaia di prigionieri arabi in cella per “fermo amministrativo” riempiono le carceri, alcuni di loro sottoposti da molti anni al regime di custodia. Fin dall'inizio dell'occupazione nel 1967, centinaia di migliaia di arabi sono stati incarcerati ai sensi della presente legge. Per i giovani palestinesi, questo ha rappresentati per certi versi quasi un distintivo d’onore.

Quasi nessun ebreo è stati mai trattenuto in base al fermo amministrativo. Per molti anni, questo ha significato che non è stato per nulla utilizzato nei confronti di un ebraico. I tre esponenti del movimento Kahanista mandati in prigione nei giorni scorsi sono i primi dopo un periodo di tempo assai prolungato. 

I funzionari militari e civili spiegano che questo tipo di detenzione è uno strumento essenziale e insostituibile per combattere il terrorismo ebraico. Tutti i Kahanisti e gli altri criminali fascisti sono addestrati al silenzio nel corso degli interrogatori. Dal momento che sono sicuri che non saranno torturati, non hanno motivo di parlare. Ridono in faccia agli inquirenti.

Come è ovvio, i prigionieri arabi non godono di questi trattamenti di favore. Essi sanno che se non parlano, potrebbero essere oggetto di torture. Secondo la legge israeliana, la tortura è reato, ma i tribunali autorizzano quella che viene chiamata “pressione psicologica moderata”, grazie alla quale si ottengono risultati veloci. 

Eppure, anche in questo modo molti arabi languiscono sotto il fermo amministrativo illimitato, perché non vi sono prove sufficienti per processarli in tribunale, senza mettere in pericolo le “fonti”. 

Allo stato attuale, i tre ebrei tenuti in detenzione amministrativa sono tenuti in tre diverse prigioni, e molti altri si uniranno presto a loro, assicura lo Shin Bet.

Molti anni fa, quando ero direttore responsabile della rivista Haolam Hazeh, abbiamo pubblicato per un certo periodo una edizione in lingua araba. Un giorno, uno dei miei collaboratori arabi - chiamiamolo Ahmed - è stato sottoposto al fermo amministrativo. 

Quando ho iniziato a scatenare l’inferno, ho ricevuto una telefonata a sorpresa dallo Shin Bet. I rapporti fra questa organizzazione e il sottoscritto sono stati tesi fin dal primo giorno della nascita dello Stato. E questo potrebbe essere un eufemismo, dato che il loro capo una volta mi ha definito ufficialmente “nemico numero uno del regime”. 

Con mia grande sorpresa, un alto ufficiale dello Shin Bet mi ha invitato a un colloquio. “Mi fido di lei rivelandole informazioni top secret - mi ha detto - perché voglio che lei conosca i nostri problemi”. Egli mi ha quindi confidato che i suoi uomini avevano intercettato un messaggero inviato in Israele da una delle più importanti organizzazioni terroristiche, per mettersi in contatto con alcuni elementi locali. Uno dei questi era proprio il nostro Ahmed. 

“Cosa vuole che facciamo? Non possiamo processarlo, perché non abbiamo prove certe che sia un membro dell’organizzazione. Ma il fatto di lasciarlo libero potrebbe tradursi in atti terroristici mortali. Il fermo amministrativo è la sola alternativa sicura”. 

Non credevo che Ahmed fosse un terrorista. Stavo ancora pensando a cosa fare, quando sono stato sollevato dal dilemma. Lo Shin Bet ha accettato di rilasciare Ahmed, a condizione che abbandonasse il Paese. Egli si è trasferito negli Stati Uniti e ha ottenuto una “Green Card”, il permesso di soggiorno (magari proprio con l'aiuto di Shin Bet). A una mia conferenza lì l’ho visto seduto in prima fila. Ci siamo abbracciati.

Ho raccontato per la prima volta questa storia per chiarire il dilemma. Lasciare che questi fascisti ebraici vaghino liberi potrebbe costare la vita di molti altri ebrei ed arabi, e forse una catastrofe se - per esempio - danno fuoco a luoghi di culto musulmani sacri. Non sembrano esserci prove evidenti a loro carico. Se vi sono informatori dello Shin Bet in questo gruppo, la loro testimonianza in un eventuale processo finirebbe per “bruciarli”. 

Lo Shin Bet e la polizia sono accusati da molti di noi di incompetenza assoluta quando sono alle prese con terroristi ebraici, mentre sembrano essere estremamente efficienti quando devono fronteggiare i terroristi arabi. E quel che è peggio, è che abbiamo il sospetto che sia lo stesso Shin Bet ad essere infiltrato da coloni e a collaborare con loro in modo attivo. Privare lo Shin Bet dei mezzi previsti dal fermo amministrativo potrebbe indebolirli ancor più, o per lo meno fornire loro un pretesto per il fallimento totale. 

Negli ultimi anni della mia infanzia ho assistito al crollo democratico della “Repubblica di Weimar” in Germania. I teppisti nazisti vagavano per le strade, picchiando le persone che assomigliavano ad un ebreo, scambiandosi colpi di fuoco con i comunisti. Il governo non era in grado di prendere provvedimenti efficaci. La polizia e l’esercito erano infiltrati da membri del partito di Adolf Hitler. I giudici punivano i comunisti in maniera severa, ma spesso lasciavano che i “patrioti” nazisti uscissero indenni dai guai. 

Anni dopo, quando la Germania affondava nella polvere, la Repubblica di Weimar (così chiamata, perché la sua Costituzione è stata redatta a Weimar), è stata accusata di vigliaccheria, perché non ha avuto il coraggio di utilizzare gli strumenti a disposizione - fra cui poteri di emergenza non democratici - per combattere per tempo i nazisti. Forse che la Repubblica di Israele vuole rischiare di fare la stessa fine?

Questo è un vero dilemma. E richiede risposte concrete. Non le risposte facili che provengono dal manuale liberale. Servono risposte responsabili. Risposte che siano rilevanti per il mondo reale. 

Credo che i Kahanisti e gli altri gruppi fascisti di Israele oggi siano molto più pericolosi di quanto non creda la maggioranza della gente. Non siamo al cospetto di un manipolo di erbacce selvatiche da estirpare, come siamo portati a credere. Questo è un cancro nazionale che può diffondersi rapidamente nel corpo del nostro Stato.

Sono cose che ho già visto in passato. 

È un dilemma difficile da risolvere. Per me, lo è comunque. 

Dobbiamo approvare il fermo amministrativo, la detenzione senza processo e le garanzie democratiche, forse, per salvare le vite di arabi ed ebrei e scongiurare catastrofi peggiori?

Oppure dobbiamo sostenere rigorosi principi democratici, rilasciare quanti sono sottoposti al regime di fermo amministrativo, arabi ed ebrei, sapendo che alcuni di loro andranno avanti nella loro follia omicida?

Dopo una profonda analisi di coscienza, io scelgo per la seconda opzione. Per ragioni morali e di pragmatica. Sul piano morale, non credo che si possa combattere la peste con il colera. La detenzione amministrativa resta uno strumento fascista, anche quando esso viene applicato ai fascisti. A livello pratico, perché essa non sarà di alcun aiuto. I detenuti saranno rimpiazzati da altri, fors’anche peggiori di quelli che li hanno preceduti. 

Vi è inoltre il pericolo che l’arresto di pochi servirà come scusante per non fare nulla contro i molti. Per combattere questa piaga, abbiamo bisogno di medici migliori. Lo Shin Bet, la polizia e l’esercito devono essere ripuliti dai simpatizzanti fascisti che si annidano al loro interno, sostituiti da ufficiali fedeli alla Repubblica di Israele. Ebrei ed arabi devono ricevere lo stesso trattamento. 

Come comanda la Bibbia: “Lasciate che il vostro campo sia pulito!”. 

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