27/01/2005, 00.00
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Vaticano-Israele: riprendono i negoziati su spinta dei vescovi Usa

Appuntamento a Gerusalemme per il 15-16 febbraio. La Conferenza episcopale Usa scrive al Segretario di Stato e all'ambasciatore israeliano a Washington chiedendo a Israele la piena attuazione dell'Accordo Fondamentale.

Washington (AsiaNews) – La Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha chiesto all'amministrazione Bush di spingere il governo israeliano perché porti a conclusione positiva i lunghi e intermittenti negoziati con la Santa Sede per la messa in attuazione dell'Accordo Fondamentale del 1993 fra la Santa Sede e lo stato di Israele.

In una lettera al nuovo Segretario di Stato, Condoleeza Rice, mons. William S. Skylstad, presidente della Conferenza episcopale Usa, afferma in modo categorico: "L'intervento americano in questo argomento è cruciale". Il leader dell'episcopato americano richiama il fatto che è stato "solo grazie al forte incoraggiamento americano che [i negoziati] sono ripresi" dopo che Israele aveva ritirato in modo unilaterale la sua delegazione il 28 agosto 2003. Egli inoltre osserva che "sfortunatamente, la ripresa dei colloqui è andata avanti in modo titubante e intermittente" e che, in aggiunta, sembra che "i negoziatori israeliani non abbiano la piena autorizzazione a condurre i colloqui con il grado di serietà di cui avrebbero bisogno".

Nella lettera, scritta con inusuale e dettagliata fermezza, la Conferenza episcopale indica che gli Stati Uniti hanno una speciale responsabilità nell'incoraggiare Israele a tener fede agli impegni con la Santa Sede, dal momento che quest'ultima "ha riconosciuto formalmente e stabilito relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele … in accordo con gli auspici delle successive amministrazioni Usa". Viene inoltre sottolineato che la Santa Sede ha compiuto questi passi, nel 1993-1994, "anche senza una piena risoluzione delle maggiori questioni insolute che riguardano la Chiesa" dal momento che la Santa Sede crede nella "promessa del governo d'Israele che queste [questioni] saranno affrontate in ulteriori negoziati" – negoziati nei quali Israele si è tirato indietro, causando ritardi e interruzioni.

Essenzialmente - afferma la Conferenza episcopale - la base dei negoziati è "il diritto acquisito dalla Chiesa prima del mandato Onu di nascita dello Stato di Israele". La lettera ricorda che lo stesso mandato Onu "riaffermò" quei diritti.

La lettera dei vescovi americani si riferisce esplicitamente alle maggiori questioni ancora sul tavolo dei negoziati, in particolare (1) la conferma della vitale esenzione fiscale precedentemente assicurata alla Chiesa e (2) la garanzia alla Chiesa del diritto di accesso ai tribunali nelle dispute sulle proprietà religiose. Tutte queste vicende – afferma il documento del presidente dei vescovi Usa – hanno un notevole significato. "Risolvere queste questioni è vitale per la missione e la vita della Chiesa Cattolica come anche delle altre comunità cristiane in Terra Santa. Solo una risoluzione di questi gravi problemi è decisiva nelle relazioni interreligiose in una regione decisiva e nel mondo".

La lettera alla Rice porta la data del 13 gennaio 2005. Tre giorni prima lo stesso presidente della Conferenza episcopale americana aveva spedito una lettera analoga all'ambasciatore israeliano a Washington, Daniel Ayalon. Tra le altre cose, il presidente dei vescovi, oltre ad aver richiamato il supporto dato dalla Conferenza episcopale all'Accordo Fondamentale del 1993 fra Israele e la Santa Sede, ammonisce che "il fallimento dell'attuazione e dell'adempimento dell'Accordo Fondamentale – compresa la mancanza di progresso nei negoziati [attualmente in corso], fa emergere gravi interrogativi circa gli atteggiamenti fondamentali del governo israeliano". La missiva sottolinea che la protesta e l'avvertimento dei vescovi sono compiuti nel contesto dei "nostri legami con il popolo ebraico e all'interno di un costante attaccamento ai diritti e alla sicurezza dello stato di Israele". Si spera che questa sottolineatura porti più credibilità e urgenza al messaggio dell'episcopato. Ad Israele è stato detto, in effetti, che queste proteste e critiche vengono da amici e che, comunque, è molto vantaggioso per Israele prestare attenzione a questi fatti, e mantenere l'amicizia.

Osservatori e conoscitori della materia, interpellati per un commento, hanno dichiarato che le due lettere sono eccezionalmente ferme e focalizzate in maniera molto preciso, e che hanno lo scopo di essere un segnale che la Chiesa Cattolica negli Stati Uniti intende coinvolgersi molto nel fare pressioni su Israele per il riconoscimento e le libertà della Chiesa Cattolica, e per essere fedele ai precisi impegni che Israele ha assunto con la Santa Sede nell'Accordo Fondamentale.

È risaputo che sia la Casa Bianca che il Dipartimento di Stato, come anche influenti membri di entrambe le Camere, hanno seguito il progresso dei colloqui Santa Sede-Israele come mai prima d'ora, e che la lettera dei vescovi alla Rice li incoraggerà senza dubbio a continuare in questo.

Fonti israeliani affermano inoltre che, pochi giorni dopo le due lettere dell'episcopato americano, Israele e la Santa Sede hanno stabilito per il 15 e il 16 febbraio per il proseguimento dei colloqui. Comunque, non c'è stato nessuno annuncio ufficiale né da parte di Israele né dal Vaitcano.

La lettera al Segretario di stato Rice può essere consultata al seguente link: http://www.usccb.org/sdwp/international/rice011305.htm

Quella all'ambasciatore Ayalon: http://www.usccb.org/sdwp/international/ayalon011805.htm
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