17/02/2009, 00.00
VATICANO
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Vaticano: in nome della “normalità” avanza l’eugenetica

Mons. Fisichella, presidente della Pontificia accademia per la vita: una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici spinge ad affermare che ci sono persone che hanno meno valore di altre, sia per la loro condizione di vita, come la povertà, sia per la loro condizione fisica ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto ‘stato vegetativo’, le persone anziane con gravi patologie. Idratazione e alimentazione non sono terapie.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Nessuno può decidere cosa è la vita “normale” di una persona, eppure i progressi della genetica, sicuramente positivi, stanno dando spazio a creare l’idea che “ci sono persone che hanno meno valore di altre”, e ciò sia a causa della loro condizione di vita, sia “a causa della loro condizione fisica ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto 'stato vegetativo', le persone anziane con gravi patologie”. E’ il “rischio” dell’eugenetica – parola che nessuno usa, perché legata agli esperimenti del nazismo – sul quale rifletterà la Pontificia accademia per la vita in un congresso intitolato “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica”, che si terrà il 21 e 22 febbraio in Vaticano, presentato oggi.
 
Le conquiste genetiche, frutto del progresso tecnologico, hanno, ha osservato mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia accademia, effetti sia in campo diagnostico che terapeutico. Ma, “il rischio di una deriva della genetica non è solo un richiamo teorico; appartiene, purtroppo, a una mentalità che tende lentamente ma inesorabilmente a diffondersi. Il termine di ‘eugenetica’ sembra relegato al passato e il solo richiamo terminologico fa inorridire. Come spesso succede, tuttavia, un sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici fa perdere di vista i veri pericoli sottesi e tende a creare una mentalità non più in grado di riconoscere l'oggettivo male presente e formulare un giudizio etico corrispondente. Avviene così che mentre sembra non esserci più posto nelle nostre società democratiche, rispettose per principio della persona, l'eugenetica messa al bando nell'uso terminologico ricompaia nella pratica in tutta buona coscienza”.
 
Di fatto, ha detto ancora mons. Fisichella, oggi l’eugenetica “mostra il volto consolatorio di chi vorrebbe migliorare fisicamente la specie umana. Si esprime in diversi progetti di ordine scientifico, biologico, medico, sociale e politico; tutti più o meno collegati tra di loro. Tali progetti comportano un giudizio etico soprattutto quando si vuole sostenere che si attua una simile azione eugenetica in nome di una ‘normalità’ di vita da offrire agli individui. Normalità che rimane tutta da definire e che spinge in maniera incontrovertibile a stabilire chi mai possa arrogarsi l'autorità per stabilire le regole e le finalità del vivere ‘normale’ di una persona. In ogni caso, questa mentalità certamente riduttiva, ma presente, tende a considerare che ci siano persone che hanno meno valore di altre, sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione, sia a causa della loro condizione fisica ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto ‘stato vegetativo’, le persone anziane con gravi patologie”. In proposito, rispondendo ad una domanda relativa al caso di Eluana Englaro, mons. Fisichella ha ribadito il giudizio che, a propositi di persone in “stato vegetativo”, bisogna “distinguere tra l'atto medico con cui si mette il sondino” e “l'idratazione e l'alimentazione che noi non riteniamo affatto siano terapie”. In quanto “elementi basilari per la vita di una persona e riteniamo che debbano esser sempre garantiti”, non costituiscono “accanimento terapeutico”.
 
“Certo – ha concluso - può crescere e deve progredire la ricerca per poter dare sollievo a ogni persona, ma nello stesso tempo si è chiamati a far crescere e progredire la coscienza etica senza della quale ogni conquista rimarrebbe sempre e solo parziale, mai destinata pienamente ad ogni persona nel suo desiderio di una vita pienamente umana e proprio per questo aperta e sempre tesa verso una trascendenza che la sorpassa e avvolge”.
 
“L’eugenetica – ha rilevato infine mons. Ignacio Carrasco de Paula, cancelliere della Pontificia accademia - rappresenta oggi la principale strumentalizzazione discriminatoria delle scoperte della scienza genetica. È questo il punto che il Congresso si propone di esplorare. Ovviamente l’obiettivo principale è richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se, come sembra corretto e auspicabile, vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dalla eugenetica”.
 
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