03/06/2008, 00.00
MYANMAR
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Vescovo birmano: la solidarietà del Papa e del mondo ci fa andare avanti

Al termine della visita ad limina il presule di Pathein racconta ad AsiaNews gli sforzi che la Chiesa birmana continua a sostenere per aiutare le vittime del ciclone. Oltre un milione di superstiti ancora non ha ricevuto soccorso. E la giunta ammassa truppe al confine.
Yangon (AsiaNews) - In Myanmar almeno il 60% dei 2,4 milioni di superstiti a Nargis non ha ancora ricevuto il minimo soccorso, ma il governo decide che le scuole nelle zone colpite dal ciclone possono riaprire. Anche se non vi è nessuna garanzia per la sicurezza e le condizioni sanitarie in cui vivranno i piccoli studenti nelle strutture seriamente danneggiate da Nargis. A poco più di 10 giorni dalle promesse del capo della giunta militare, Than Shwe, di aprire indistintamente ai soccorritori stranieri, le agenzie umanitarie lamentano ancora ostacoli nel raggiungere le zone disastrate.“Continuano a bloccare l’accesso ai luoghi colpiti, è una continua lotta", denuncia Paul Risley del World Food Program. Intanto, come “segno di apertura”, il regime sta aumentando la presenza di truppe lungo le zone costiere e il confine con la Thailandia. Secondo analisti birmani esperti in difesa, i generali temono un possibile intervento umanitario, non autorizzato, da parte della comunità internazionale.
 
 

In questa catastrofe umanitaria di fronte alla quale l’occidente si mostra del tutto impotente, la piccola Chiesa birmana continua a lavorare senza sosta per portare soccorsi alle vittime. Una missione estenuante e condotta con pochi mezzi, ma “che riusciamo a portare avanti anche grazie alla forza che ci dà la solidarietà di tante persone all’estero e la vicinanza espressaci dal Santo Padre”, come racconta ad AsiaNews mons. John Hsane Hgyi, 55 anni, vescovo di Pathein. Al termine della visita “ad Limina Apostolorum” dei presuli birmani, il vescovo a capo di una delle due diocesi più colpite, racconta che nei vari incontri svoltisi la scorsa settimana “il Papa ha mostrato a tutti noi la sua preoccupazione per la nostra gente, si è detto rattristato per le notizie sui ritardi negli aiuti e ha assicurato le sue preghiere”. “Abbiamo incontrato anche numerose persone di vari ambienti – continua – e la loro solidarietà ci incoraggia ad andare avanti”.

Finora a Pathein – nella regione del delta dell’Irrawaddy - la diocesi ha creato 5 campi, che accolgono circa 3mila sfollati. “C’è ancora bisogno urgente di medicine e cibo, molti si ammalano per la mancanza di acqua pulita”, racconta mons. John Hsane Hgyi. “Abbiamo difficoltà a raggiungere i villaggi e trasferire i superstiti che non vogliono abbandonare le loro misere proprietà”. La conferenza episcopale birmana ha inviato di recente una lettera alle autorità chiedendo ufficialmente una maggiore apertura agli indispensabili aiuti materiali come anche ai soccorritori dall’estero. “In questi disastri – conclude il presule – spesso la fede vacilla e ci si chiede dove sia Dio. Ma in questa distruzione accadono anche piccoli miracoli, come la grande solidarietà e coraggio del popolo birmano verso i propri fratelli in difficoltà”.

La diocesi di Pathein conta 75mila fedeli su un’area abitata da circa 4 milioni di persone.

 
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