21/08/2009, 00.00
INDIA
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Vescovo dell'Orissa: A un anno dai pogrom anti-cristiani, la nostra forza è la croce di Cristo

di Raphael Cheenath
Il 23 agosto ricorre il primo anniversario delle sterminate violenze contro i cristiani dell'Orissa e in particolare del Kandhamal. Tutto è iniziato con la sete di vendetta dei nazionalisti indù, alla morte del loro capo spirituale Swami Laxamananda Saraswati, ucciso da gruppi maoisti. Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, ripercorre per AsiaNews l’anno trascorso. “Vogliono cancellare ogni traccia del cristianesimo dall’Orissa, ma la nostra missione continua”. Nell’angoscia “mi ha dato conforto la fede e la determinazione della gente a rimanere cristiana”.

Bhubaneshwar (AsiaNews) - Attraversando questo periodo buio della storia del Kandhamal, la consolazione che mi ha dato più forza è stata che Dio ci stava guidando con la sua provvidenza.

Sono stato profondamente angosciato e ho sofferto per l’intensa brutalità e disumanità che ha colpito il nostro popolo, ma davanti a tutte queste persecuzioni è rimasta sempre la testimonianza fedele del Suo nome. Ci sono stati momenti in cui non c’erano risposte alle grida ed ai lamenti del nostro popolo e sono stati momenti di grande angoscia. Ho tratto grande consolazione dalla nostra stessa gente: mi ha dato conforto la loro fede e la loro determinazione a rimanere cristiani.

Ora che un anno è passato, molte persone vivono ancora nei campi profughi e sono ancora di più quelle che hanno trovato rifugio nelle città e negli Stati vicini. Molte altre hanno potuto fare ritorno a casa, ma il nostro popolo vive ancora sotto minaccia; ci sono sacche di resistenza alimentate dai fondamentalisti che si oppongono alla ricostruzione delle chiese e delle case. C’è stato anche un lungo letargo dell’amministrazione pubblica, ma posso comunque dire che ci sono stati dei progressi.

I nostri religiosi sono stati l’obiettivo principale dei fondamentalisti, che hanno scatenato la loro sadica brutalità su sacerdoti e suore. Hanno preso di mira chi tra noi spende la vita per curare e servire i poveri e gli emarginati di questa terra senza nessuna discriminazione. Le nostre opere educative e le altre attività missionarie servono all’emancipazione dei bisognosi e degli abbandonati locali, eppure i religiosi che le hanno costruite e animate sono stati picchiati senza pietà da folle di fondamentalisti che sono arrivati sino ad uccidere, come nel caso del nostro p. Bernard Digal, morto per le percosse subite.

Tuttavia questo è stato un tempo per riflettere sulla nostra vocazione di sacerdoti che hanno risposto alla chiamata per servire. Siamo stati chiamati a riflettere sui nuovi sviluppi che sta avendo il mondo, sulle nuove sfide affidate al nostro ministero. Soprattutto siamo stati chiamati ad approfondire la nostra fede e a cercare il nutrimento spirituale necessario per esseri ministri fedeli. La nostra vocazione al sacerdozio, soprattutto in questo anno che il papa ha voluto dedicare ai preti, ci offre la grazia e ci invita a consumare tutto noi stessi nel servire il popolo di Dio.

I fondamentalisti non si arrenderanno mai e continueranno a perseverare nel loro intento di cancellare ogni traccia di cristianesimo dall’Orissa. Ma la nostra missione continua e le persecuzioni non ci fermeranno. La croce di Cristo è la nostra forza, la nostra speranza, la nostra gioia.

Fino a quando criminali spietati saranno liberi di andare in giro spavaldi, aiutati dall’inerzia di chi dovrebbe garantire la protezione delle minoranze, gli attacchi contro il nostro popolo indifeso e innocente continueranno.

Per il 23 agosto abbiamo indetto il “Giorno della pace e dell’armonia” perché fatti come l’uccisione dello Swami Laxmananada Saraswati e le violenze anti-cristiane non devono accadere mai più. Il mondo deve conoscere cosa significa pace ed armonia e noi dobbiamo combattere le tendenze che generano tali crimini estremi. Violenza e spargimenti di sangue portano solo alla distruzione dell’umanità, dobbiamo lavorare per l’amore, che significa lavorare per la pace.

Siamo grati al nostro amato Santo Padre per aver condannato in modo fermo le violenze in Orissa. Ci è stato di grande consolazione ricevere la notizia che Benedetto XVI pregava per il Kandhamal come anche sapere che tutti gli uomini di buona volontà erano solidali con le sofferenze del nostro popolo.

(Ha collaborato Nirmala Carvalho)

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