06/07/2015, 00.00
THAILANDIA
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Vescovo di Chiang Mai: I giovani, chiave dell’evangelizzazione in Thailandia

La diocesi del nord del Paese è una delle più ricche di conversioni, soprattutto da parte di tribali che cercano una vita migliore. Migliaia di giovani sono ospitati e aiutati nello studio in diversi centri gestiti dalla Chiesa. L’evangelizzazione combatte le piaghe della droga e del consumismo.

Roma (AsiaNews) – Per essere veri missionari, “dobbiamo vivere più vicino alle persone”. Lo dice ad AsiaNews mons. Francis Xavier Vira Arpondratana (nella foto), vescovo di Chiang Mai. La diocesi, nel nord del Paese, una delle più fertili in termini di conversione della popolazione locale, soprattutto tribali. Nel 1987 i cattolici erano 17.533; oggi sono più di 51mila su una popolazione di poco superiore ai 5 milioni. Anche musulmani e buddisti inviano missionari nelle provincie del nord, per convertire, ma la popolazione preferisce il cattolicesimo. Ordinato sacerdote il 7 giugno 1981, mons. Francis è stato segretario generale della Commissione episcopale per la catechesi per 21 anni. Nel 2009 è stato consacrato vescovo. In una recente visita a Roma, mons. Francis ha incontrato AsiaNews, a cui ha raccontato la vita della diocesi e il bilancio della sua attività missionaria.

Qual è la situazione della diocesi di Chiang Mai?

In Thailandia ci sono 10 diocesi. Quella di Chiang Mai è una delle più grandi, comprende otto province. I cattolici della diocesi sono più di 50mila – a cui aggiungere 30mila e più catecumeni – circa un sesto del totale. La maggioranza dei cattolici è tribale (circa il 90%), non di etnia thai. Il 60% è Karen, il 20% Akha e gli altri di tribù minori. Solo il 10% è thai. La diocesi è caratterizzata da una forte ventata di evangelizzazione, che dura da molti anni e che dà buoni risultati. Circa il 10% dei Karen si è convertito al cattolicesimo.

Come mai i tribali sono così desiderosi di conversione?

Il desiderio che li spinge ad entrare nella Chiesa cattolica è sia educativo che di integrazione. La popolazione è povera e aperta, cerca nuove occasioni di sviluppo. In qualche modo, la loro fede tribale animista li spinge a cercare altro, perché è una fede rigida, crudele, molto dispendiosa. Per ogni cosa si richiedono sforzi, sacrifici anche economici. Nel cattolicesimo vedono qualcosa di diverso, dissimile anche dal protestantesimo (che è arrivato prima di noi nel nord, ormai cento anni fa) di cui non amano le regole: pagare la decima, non bere alcol, etc. Visto questo desiderio di conversione anche i musulmani e buddisti (che sono il 95% del totale nazionale) cercano di convertire nel nord, ma con risultati minori.

Qual è il rapporto tra le diverse religioni in Thailandia?

Generalmente regna la concordia e la tolleranza. Qualche incomprensione si è creato fra buddisti e musulmani. I buddisti sono un po’ islamofobi e non vedono di buon occhio le province del sud, a maggioranza musulmana. In passato ci sono stati anche episodi di violenza. I musulmani, poi, vogliono costruire moschee anche in province dove vi sono pochissimi fedeli, per aumentare la loro presenza. I buddisti si sono spesso opposti a questo.

Qual è il vostro stile di evangelizzazione?

Siamo molto presenti nell’ambito educativo. La diocesi gestisce sette scuole cattoliche e ce ne sono altre otto gestite da religiosi in altre quattro province. Non possiamo aumentare o ampliare le nostre scuole, però, perché mancano i fondi e il personale. L’evangelizzazione dei tribali a volte è difficile: ci sono almeno sei lingue principali da sapere e io, personalmente, non le conosco. Per questo dobbiamo formare catechisti locali, che conoscano la lingua.

Papa Francesco ha detto che l’Asia è il motore trainante dell’evangelizzazione mondiale. Concorda?

Assolutamente sì. D’altronde anche Giovanni Paolo II aveva dichiarato che l’Asia è “il nostro comune compito per il terzo millennio”. Nella mia diocesi, per esempio, ci sono tantissimi giovani e 30mila (trentamila) catecumeni. Riusciamo a battezzare circa 1000 persone l’anno. Io stesso ho lavorato a Bangkok per la formazione dei catechisti, e adesso sono anche Segretario generale della Commissione nazionale dei catechisti.

Recentemente ha incontrato il papa…

Gli ho donato una copia della Bibbia in lingua thai. Questa è in assoluto la prima edizione cattolica, versione completa dell’Antico e del Nuovo Testamento. Per la traduzione e la correzione sono occorsi più di 20 anni di lavoro, dal 1992, ma ora è pronta. L’abbiamo stampata con l’aiuto della Thai Bible Society e della Korean Bible Society (Kbs). L’abbiamo stampata in Corea perché era più economico. Siamo molto orgogliosi di questa pubblicazione, che aiuterà la Chiesa locale. Ora sta a noi insegnare ai fedeli ad usare il testo sacro, a leggerlo e a pregare con quello.

Cosa fate per i giovani nella vostra diocesi?

Lavoriamo molto per e con i giovani, soprattutto in ambito educativo. Abbiamo 40 centri giovanili, per bambini, dove essi possono studiare. Frequentano anche le scuole statali, ma poi vivono con noi, che li educhiamo. Abbiamo inoltre 20 comunità religiose femminili e 10 maschili che si occupano in modo diretto dell’educazione dei giovani, oltre ai sacerdoti. Nei centri si fa anche catechismo e si insegna a pregare. Un'altra attività è gestita da alcune suore, che aiutano circa 700 ragazze in due scuole. Fanno un bel lavoro perché le fanno studiare, cercano loro un lavoro e, se sono molto dotate le sostengono finanziariamente per continuare gli studi.

Quali sono i problemi che riscontrate nell’evangelizzare i giovani?

I giovani sono attirati dalle grandi città, dove cercano una vita diversa da quella dei loro genitori. Non vogliono lavorare nei campi. Vogliono una vita facile e a volta abbandonano anche i nostri centri. Per esempio, tempo fa ne ho visitato uno in cui vivevano 30 ragazze di cui ne erano rimaste solo sette. Spesso si trasferiscono nelle scuole statali, dove sono più liberi di fare ciò che vogliono, nessuno li controlla. Possono usare il cellulare quando vogliono, mentre nei nostri centri (per evitare distrazioni) lo consentiamo solo la domenica. In generale i giovani non vogliono lavorare duro come i loro genitori, e questo è triste.

Quali sono i problemi della popolazione nella vostra diocesi?

A Chiang Mai la droga è una delle piaghe più pericolose. A fine anno entrerà in vigore l’Asean (Association of Southeast Asian Nations) Economic Community, un sistema di commercio senza tasse e di trasferimenti senza visto. In questo modo sarà facilitata anche l'entrata di molti mali nella nostra società, come la droga e il traffico umano. Il modello rischia di diventare quello consumistico. I Karen hanno sempre coltivato papaveri da oppio, ora per fortuna meno di un tempo. Ogni giorno viene arrestato qualcuno per spaccio di droga. Purtroppo non abbiamo risorse sufficienti per proteggere la gente da tutto questo.

Cosa si può migliorare nella vostra attività missionaria?

Spesso i nostri sacerdoti celebrano la liturgia ma non vivono a contatto con le persone, e questo è un peccato. Bisogna fare come i primi missionari e creare piccole comunità di base, vivere con loro. Stiamo cercando di farlo, ma procediamo troppo a rilento. Nelle città è difficile perché la gente pensa di avere già tutto. Noi ora siamo al nord, come ha detto il papa, “in periferia”. Un altro problema è la mancata volontà degli adulti a responsabilizzarsi. Quando facciamo le cresime a volta abbiamo un solo padrino per 50 cresimandi. Nel nord, poi, gran parte della popolazione è analfabeta, solo il catechista ha il libro. Anche quelli che sanno leggere, religiosi compresi, non sono interessati allo studio, preferiscono una vita semplice. In generale abbiamo bisogno di più personale, anche laico, che lavori nelle scuole. I professori devono avere un afflato missionario: devono educare anche moralmente.

 

 

(Nella foto: mons. Vira, al centro, con p. Bernardo Cervellera (a sin.) e p. Claudio Corti, missionario Pime in Nord Thailandia)

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