05/11/2014, 00.00
PAKISTAN - ISLAM
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Vescovo di Islamabad: Coppia bruciata viva, una barbarie protetta da un colpevole silenzio

di Jibran Khan - Shafique Khokhar
Shahzad Masih, di 28 anni, e la moglie Shama, 25enne, avevano quattro figli e la donna era incinta. A lanciare l’accusa il datore di lavoro di Shahzad; almeno 400 persone hanno assaltato, colpito e dato alle fiamme i corpi dei due giovani. Attivisti cristiani: ennesimo abuso delle leggi sulla blasfemia.

Lahore (AsiaNews) - "Un fatto tragico. Attaccare e bruciare vivi due innocenti sulla base di mere illazioni è una presa in giro del sistema giudiziario". Così il vescovo di Islamabad/Rawalpindi mons. Rufin Anthony descrive ad AsiaNews il brutale assassinio di una giovane coppia cristiana, genitori di quattro figli, lapidati e poi bruciati vivi. I due sono stati prelevati e giustiziati da una folla inferocita di almeno 350-400 persone, aizzata da un leader religioso locale per una presunta vicenda di blasfemia. Il fatto è avvenuta ieri in un mattonificio del distretto di Kasur, a circa 60 km da Lahore, nella provincia pakistana del Punjab; finora la polizia avrebbe fermato almeno 45 persone per interrogatorio, ma non vi sono incriminazioni ufficiali. "In passato abbiamo visto folle - aggiunge il prelato - esercitare pressioni e farsi giustizia da sé, mentre i leader religiosi si sono ben guardati dall'esprimere parole di condanna. Anzi, hanno quasi incentivato la vendetta personale. Se fossero stati presi opportuni provvedimenti in passato, forse questa barbarie sarebbe stata scongiurata". 

Le vittime sono Shahzad Masih, di 28 anni, e la moglie Shama, 25enne e incinta, già genitori di quattro bambini. La coppia si è trasferita quattro anni fa nel villaggio di Chak 59, perché l'uomo aveva trovato un impiego nella fabbrica di mattoni di un musulmano, Yousaf Gujjar. A scatenare la follia omicida una vicenda legata alla famigerata "legge nera": domenica 2 novembre la donna avrebbe bruciato alcuni resti e oggetti del padre defunto, fra cui pezzi di carta. Uno dei lavoratori ha accusato Shama di aver dato alle fiamme pagine del Corano, accusandola di blasfemia, anche se in realtà si trattava solo di pagine relative a "incantesimi e formule magiche". 

A questo si aggiunge anche un piccolo debito che il giovane cristiano aveva contratto in passato con il datore di lavoro, e che non era ancora riuscito a saldare poiché nelle ultime settimane era stato ammalato e non aveva potuto lavorare a tempo pieno. Per questo il 1 novembre il padrone musulmano, assieme a un piccolo gruppo di amici, aveva fatto irruzione nella casa di Masih e lo aveva picchiato in modo brutale.  

Il giorno successivo marito e moglie sono stati sequestrati e rinchiusi in una stanza nei pressi del mattonificio. La mattina del 4 novembre Yousaf Gujjar ha annunciato alla locale moschea che la coppia cristiana aveva commesso il reato di blasfemia, innescando la reazione della folla che ha prima lapidato a colpi di mattone, quindi bruciato i corpi dei due. 

I quattro figli della coppia si trovano al momento in una località sconosciuta e non si hanno notizie circa la loro sorte. Gli autori della brutale violenza sono fuggiti, facendo disperdere le proprie tracce. 

Leader religiosi cristiani, attivisti pro diritti umani e membri della società civile pakistana esprimono orrore e sconcerto per quanto avvenuto ieri a Lahore. Peter Jacob, già segretario esecutivo di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica pakistana, parla di "brutalità che getta un'ombra sulla nazione" e manifesta "tutto il cordoglio alla famiglia delle vittime", auspicando che il governo "garantisca una volta per tutte sicurezza alle minoranze". P. Bonnie Mendes, sacerdote e attivista di primo piano, avverte: "Fino a che gli assassini potranno cavarsela impuniti, questi gesti continueranno a succedere" e lancia un monito all'esecutivo perché compia maggiori sforzi. "Non è questione di garantire sicurezza - aggiunge - ma di incriminare per omicidio quanti si sono resi responsabili dell'uccisione della coppia cristiana". 

Una personalità attiva nel settore dei diritti umani, dietro anonimato, dopo aver visto la scena del crimine sottolinea che "ora non c'è più alcun bisogno di prove in merito all'insicurezza dei cristiani in Pakistan". Egli afferma inoltre che "non servono più elementi per dimostrare che vi è un abuso delle leggi sulla blasfemia. La folla ha ucciso anche il bambino innocente nel grembo di Shama - conclude - che era incinta. Non posso certo dire di scorgere un futuro brillante per i cristiani in Pakistan".

Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere comunità (Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore nel marzo 2013), luoghi di culto (Peshawar nel settembre scorso) o abusi contro singoli individui (Sawan Masih e Asia Bibi, Rimsha Masih o il giovane Robert Fanish Masih, anch'egli morto in cella), spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia.

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