31/07/2015, 00.00
GIAPPONE
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Vescovo di Niigata: Il Giappone costruisca la pace con lo sviluppo, non con le armi

di Tarcisio Isao Kikuchi
Il presule, presidente di Caritas Asia, riflette sul significato della pace in vista dei dieci giorni in cui la Chiesa nipponica commemora le stragi di Hiroshima e Nagasaki. La società civile si oppone all’abolizione dell’art. 9, mentre il premier parla di richieste pressanti dalla comunità internazionale. La storia del Paese e il suo impegno con le nazioni in via di sviluppo “vero contributo alla dignità dell’uomo e alla concordia nel pianeta”.

Niigata (AsiaNews) – L’estate, e in particolare il mese di agosto, è il periodo di contemplare e agire per la pace in Giappone. Il 6 agosto del 1945, Hiroshima venne colpita dalla prima bomba atomica mai sganciata nella storia; Nagasaki fu colpita il 9 agosto. Il 15 agosto, di conseguenza, il Giappone decise di arrendersi senza condizioni alle forze alleate, e questo segnò la fine della II Guerra mondiale. Nel 1981, dopo l’appello per la Pace di Hiroshima di papa Giovanni Paolo II, la Chiesa cattolica giapponese decise di indire un periodo di 10 giorni – dal 6 al 15 agosto – da dedicare alla preghiera per la pace.

Quest’anno commemoriamo il 70mo anniversario della fine della guerra: tutti i vescovi cattolici e tutti i vescovi anglicani si riuniranno insieme il 5 agosto per pregare nella cattedrale cattolica di Hiroshima. Ma ogni diocesi organizza le proprie attività per la pace, sulla base delle varie condizioni esistenti. La diocesi di Niigata riserva l’ultima domenica di luglio, che quest’anno è caduta il 26.

Abbiamo deciso di invitare una coppia non cristiana, i signori Katagiri, che partendo proprio da Niigata hanno lanciato un programma di sostegno all’istruzione dei bambini indigeni dell’India orientale. Nella nostra città hanno aperto un’Organizzazione non governativa, che coopera con una Ong locale: sostengono in maniera attiva l’educazione dei minori, e hanno aperto una scuola per i bambini di strada. La cosa più sorprendente è che hanno iniziato questa attività dopo essere andati in pensione: ascoltare la loro esperienza e i loro piani per il futuro è stato molto ispiratore.

Dopo l’incontro ho celebrato la messa per la pace nella cattedrale. Purtroppo il caldo era terribile, e non molte persone si sono unite a noi per la celebrazione. Tuttavia vi erano più di 30 fedeli, intenti a pregare insieme.

L’attuale governo giapponese, guidato dal signor Shinzo Abe del Partito liberal-democratico, sta cercando di introdurre delle serie modifiche alle politiche di sicurezza nazionale. Questi nuovi decreti sono stati approvati dalla Camera bassa del Parlamento e sono in discussione nella Camera alta. Nonostante la forte opposizione della società civile, che si può capire dal gran numero di persone che stanno manifestando in questi giorni nella zona del Parlamento per chiedere il ritiro della legge, il premier Abe è determinato a far passare il decreto. Il suo Partito ha la maggioranza in entrambe le Camere.

È chiaro che noi riconosciamo il diritto sovrano di una nazione a difendersi da ogni minaccia militare che provenga dal di fuori dei confini. Tuttavia, basandosi sull’esperienza storica dell’aggressione militare giapponese prima del secondo conflitto mondiale, l’attuale Costituzione giapponese proibisce al governo di esercitare il potere militare fuori dal Giappone.

Nell’articolo 9 della Carta si legge infatti: “Aspirando sinceramente ad una pace internazionale fondata sulla giustizia e sull'ordine, il popolo giapponese rinunzia per sempre alla guerra, quale diritto sovrano della Nazione, ed alla minaccia o all'uso della forza, quale mezzo per risolvere le controversie internazionali. Per conseguire l'obiettivo proclamato nel comma precedente, non saranno mantenute forze di terra, del mare e dell'aria, e nemmeno altri mezzi bellici. Il diritto di belligeranza dello Stato non sarà riconosciuto”.

Nonostante questo il governo ha presentato diverse “re-interpretazioni” dell’articolo, che permettono al Giappone di stabilire le Forze di autodifesa come strumento minimo per la propria sicurezza. Eppure, secondo l’esecutivo, il cambiamento della situazione di sicurezza nell’area che circonda il Giappone e le attese della comunità internazionale – che vorrebbe un maggior contributo militare da Tokyo – costringono a rivedere l’interpretazione pacifista.

Già lo scorso anno lo stesso esecutivo ha cambiato l’interpretazione dell’art. 9 e ha deciso di permettere che le Forze di autodifesa si uniscano ad altre nazioni – e ad altri eserciti, come quello americano – per esercitare il diritto all’auto-difesa seppur con alcune limitazioni. Ovviamente per molti Paesi questo esercizio non è qualcosa di straniero. Ma è il Giappone che negli ultimi 70 anni ha vissuto con una Costituzione pacifista che, lo ripeto, non presuppone che le forze nazionali agiscano in territori stranieri.

I vescovi cattolici giapponesi sono contrari a questa mossa del governo, e i nostri pensieri sono espressi nel messaggio della Conferenza episcopale per il 70mo anniversario della fine della II Guerra mondiale.

Il signor Abe sottolinea un punto: il Giappone deve intraprendere una politica di “contributo proattivo alla pace” in modo da rispondere alle aspettative delle altre nazioni come si conviene a un gigante economico. Quindi aggiunge che i cambiamenti della politica pacifista e la nuova legge rifletto i cambiamenti in corso e daranno al governo lo strumento necessario per fare la propria parte nel garantire alla pace mondiale.

Potrebbe essere così. Tuttavia, mentre in questa estate contemplo il significato della pace, credo che il Giappone possa contribuire alla pace mondiale non con nuove armi, ma con le sue attività note e di nobile e lunga storia nello sviluppo mondiale, in modo particolare nelle cosiddette nazioni in via di sviluppo.

Credo che questo contributo allo sviluppo – che porta al pieno rispetto e alla realizzazione della dignità umana – sarebbe molto apprezzato e rispettato dalla comunità internazionale. 

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