30/09/2014, 00.00
INDIA
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Vescovo di Pune: Basta violenze tra indù e musulmani, siamo tutti indiani

di Nirmala Carvalho
A Vadodara la polizia ha arrestato 140 persone, dopo scontri tra le due comunità per un post anti-islamico apparso su Facebook. Lo Stato indiano ha un triste record di tensioni tra indù e musulmani. Vescovo di Pune: "Tutte le religioni hanno dato il loro contributo alla costruzione dell'India".

Mumbai (AsiaNews) - La polizia di Vadodara, nello Stato indiano del Gujarat, ha arrestato 140 persone che hanno partecipato agli scontri tra indù e musulmani, esplosi durante questo fine settimana in seguito a un post anti-islamico apparso su Facebook. Nelle violenze, due uomini sono stati accoltellati e decine sono rimasti feriti. Il governo locale ha inviato le forze dell'ordine per fermare i disordini e ha chiesto ai leader religiosi di entrambe le comunità di intervenire per sedare gli animi. A scopo precauzionale, internet e le linee telefoniche sono state bloccate.

Le violenze di Vadodara coincidono con la visita del Primo ministro indiano Narendra Modi negli Stati Uniti. Per quasi 10 anni, Modi è stato considerato "persona non desiderata", dopo che Washington gli ha revocato il visto nel 2005. All'epoca egli era chief minister del Gujarat ed era accusato di essere corresponsabile delle violenze interreligiose esplose nel 2002 tra indù e musulmani. Nei massacri almeno 1.000 persone - per lo più islamici - hanno perso la vita.

Modi è leader del Bharatiya Janata Party (Bjp), partito nazionalista indù vicino ai gruppi più radicali - e violenti contro le minoranze - del Paese (come la Rss), che predicano la creazione di uno Stato "al 100%" indù. Per questo motivo, hanno stupito alcuni recenti commenti rilasciati dal premier a proposito dei cittadini indiani di religione islamica.

Commentando le dichiarazioni di al-Zawahiri, in un'intervista alla CNN Modi ha detto: "Al Qaeda sta commettendo un'ingiustizia verso i musulmani del nostro Paese. Se qualcuno pensa che i musulmani indiani seguiranno la sua musica, resterà deluso. I musulmani dell'India vivranno o moriranno per questo Paese, non vogliono il male di questa nazione".

Contattato da AsiaNews, mons. Thomas Dabre, vescovo di Pune, ammette: "Come cittadino indiano accolgo con favore queste dichiarazioni. Il nostro Paese non è costruito su alcuna particolare comunità religiosa, né da un credo in particolare. È ovvio, riconosco l'enorme contributo dato dagli indù alla costituzione del Paese, per il quale sono profondamente grato. Ma tutte le religioni hanno dato il loro contributo: il Taj Mahal dei musulmani; le riforme sociali di uguaglianza e dignità umana dei cristiani; l'impressionante servizio nazionale di sikh e parsi; le sculture buddiste".

Tutto questo, spiega "va evidenziato in questo periodo di intolleranza religiosa e terrorismo. Solo quando tutti gli indiani, e in particolare i politici e alcuni elementi radicali, riconosceranno in modo esplicito il patriottismo delle persone di tutte le religioni, l'India sarà in grado di vivere in vera pace e armonia, e a proteggere la sua unità e integrità".

 

 

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