01/03/2017, 08.55
SIRIA - ONU
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Veto di Russia e Cina alla risoluzione Onu sulla Siria

Il blocco occidentale intendeva imporre nuove sanzioni a Damasco per il (presunto) uso di armi chimiche delle forze governative. Per la settima volta Mosca blocca un provvedimento in sede di Consiglio di sicurezza. Nel mirino 11 cittadini siriani e 10 enti, inseriti in una lista nera. Stallo ai colloqui di pace delle Nazioni Unite a Ginevra. 

 

New York (AsiaNews/Agenzie) - Russia e Cina hanno posto il veto ieri al Consiglio di sicurezza Onu, verso una risoluzione sostenuta dal blocco occidentale che intendeva imporre sanzioni alla Siria per il (presunto) uso di armi chimiche da parte delle forze governative. Per la settimana volta Mosca ha bloccato un provvedimento - l’ultimo di questi a dicembre dello scorso anno, nell’ultima fase della battaglia di Aleppo - del Consiglio di sicurezza, a vantaggio della leadership di Damasco di cui è il più stretto alleato (insieme all’Iran). Sono invece sei dal 2011, data di inizio del conflitto, i veti posti da Pechino. 

La risoluzione era stata avanzata da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Nove i voti favorevoli in sede di Consiglio, tre i contrari - Cina, Russia, Bolivia - e tre i Paesi astenuti (Kazakistan, Etiopia ed Egitto).

Per essere adottata una risoluzione necessita di nove voti positivi, senza che siano posti dei veti al provvedimento.  

Nelle giornate precedenti il presidente russo Vladimir Putin aveva sottolineato che nuove sanzioni alla Siria nel contesto attuale sono “totalmente fuori luogo”, mentre i colloqui di pace Onu a Ginevra non sembrano sortire esiti postivi. 

Se approvata, la risoluzione avrebbe posto 11 cittadini siriani, la maggior parte dei quali alti ufficiali dell’esercito governativo, e 10 enti all’interno di una lista nera, per presunti legami con gli attacchi chimici avvenuti in Siria nel 2014 e nel 2015. Previsto anche il bando alla vendita di elicotteri e di agenti chimici al governo di Damasco o alle forze armate siriane. 

Un'inchiesta Onu dell’ottobre scorso aveva accusato l’esercito governativo di aver usato bombe al cloro contro tre villaggi controllati dall’opposizione nel 2014 e nel 2015. Damasco avrebbe usato gas tossico anche ad Aleppo, per piegare la resistenza dei miliziani asserragliati nel settore orientale, per oltre quattro anni controllati dai ribelli. Anche questi ultimi sono accusati di aver usato armi chimiche.

Damasco ha sempre negato l’uso di armi chimiche nel contesto del conflitto siriano, divampato nel marzo 2011 e che ha provocato sinora 310mila vittime e milioni di sfollati, innescando la più grande tragedia umanitaria della storia moderna. L’accusa di aver usato armi chimiche ha riguardato peraltro anche i ribelli antigovernativi e le milizie jihadiste dello Stato islamico (SI). 

Intanto a Ginevra (Svizzera) proseguono - senza risultati apparenti - i colloqui mediati dalle Nazioni Unite sulla Siria, che vedono riuniti allo stesso tavolo i rappresentanti governativi e i leader dell’opposizione armata. Putin non ha nascosto il proprio malcontento, sottolineando che gli incontri iniziati il 23 febbraio dopo un’interruzione di 10 mesi “non procedono come sperato”. Fra i molti nodi da sciogliere, la richiesta russa ai gruppi di opposizione di unirsi alla lotta contro il terrorismo e distanziarsi dai gruppi combattenti di matrice islamica. 

Anche l’inviato speciale Onu per la Siria Staffan de Mistura predica cautela. Interpellato sull’esito dei negoziati egli ha ammesso di “non attendersi alcuna svolta”, anche in considerazione dei fallimenti dei precedenti incontri.

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