15/10/2014, 00.00
SIRIA - TERRA SANTA
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Vicario apostolico di Aleppo: Ottimisti su p. Hanna, continua la missione per i cristiani siriani

Mons. Georges Abou Khazen è in contatto col frate francescano rapito e rilasciato nel nord del Paese. Egli è libero di visitare le comunità, ma “non può lasciare la Siria” prima dell’incontro col leader islamico locale. Ignote le cause del rapimento e i temi al centro del colloquio. Per i musulmani moderati i cristiani "sono fonte di dialogo e riconciliazione dentro una guerra assurda”.

Aleppo (AsiaNews) - P. Hanna Jallouf, il frate francescano sequestrato dalle milizie di al-Nusra nella notte fra il 5 e il 6 ottobre nel villaggio di Knayeh, nel nord della Siria, e liberato il 9 mattina "ha vissuto relativamente bene il rapimento", sta bene "ed è ottimista". È quanto afferma ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, che ha parlato in questi giorni con il sacerdote "in attesa di incontrare l'emiro locale per un colloquio". "P. Hanna è responsabile di diverse parrocchie, che può visitare liberamente visto che può muoversi e non si trova agli arresti domiciliari" aggiunge il prelato. Tuttavia, egli "non deve lasciare il Paese" sino a che "non avrà incontrato" il leader islamico locale. 

P. Jallouf era stato prelevato assieme ad altre 20 persone della parrocchia, rilasciate poi nei giorni seguenti in buone condizioni di salute. Il vicario apostolico di Aleppo è in contatto con il frate francescano, che è "ottimista" anche se "non sa quali saranno i temi oggetto del colloquio con l'emiro". Il sacerdote "ha vissuto relativamente bene il sequestro", riferisce mons. Georges Abou Khazen, durante il quale "non c'è stato alcun interrogatorio. Trascorreva il tempo in una camera, separato dalla maggior parte del gruppo, pregando". 

I rapitori "non gli hanno detto niente", continua il prelato, "non hanno voluto spiegare le ragioni del rapimento" e ora p. Jallouf "aspetta l'incontro con il loro capo, perché vuole conoscere i veri motivi" che si celano dietro l'operazione. Nel frattempo il frate "vuole restare nella sua comunità", che non intende abbandonare "sino a che ci sarà anche solo un cristiano. Chiedo di pregare per lui, perché si possa trovare una soluzione". 

Dall'inizio del conflitto siriano, le milizie jihadiste e i gruppi combattenti hanno sequestrato diverse personalità di primo piano della comunità cristiana locale; fra questi ricordiamo i due vescovi, il metropolita Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e il metropolita Mar Gregorios Youhanna Ibrahim (della Chiesa siro-ortodossa) prelevati nell'aprile 2013. A questi si aggiunge il padre gesuita Paolo Dall'Oglio, sacerdote di origini italiane rapito in Siria il 29 luglio 2013, e altri due sacerdoti, assieme a diversi volontari laici, fra cui due ragazze italiane poco più che ventenni.

Mons. Georges Abou Khazen riferisce che "non vi sono novità, non sappiamo nulla" sulla loro sorte e "quello che possiamo fare è pregare, perché Dio illumini la mente dei loro rapitori". Gli sviluppi futuri sulla loro sorte sono legati "alla volontà di dialogo di questi gruppi". Egli avverte che "con lo Stato islamico è impossibile ogni contatto, perché ha una visione integralista e nemmeno i musulmani moderati riescono a trovare vie e canali per un confronto". Nel caso del sequestro del sacerdote francescano, l'esito positivo potrebbe dipendere dal fatto che "si tratta di gruppi siriani, che non sono fanatici e violenti come quelli stranieri".

Quello che sta succedendo in Siria "è assurdo, è una guerra assurda, non c'è nulla di logico" commenta il vicario di Aleppo. Nonostante tutte le difficoltà, aggiunge, "le comunità cristiane in Iraq e in Siria restano fonte di perdono e di riconciliazione", perché cercano sempre di "essere un tratto in comune fra i vari gruppi. Anche i musulmani moderati qui in Siria riconoscono lo sforzo per il dialogo, la riconciliazione e il pluralismo svolto dai cristiani", perché "un Oriente senza cristiani non potrebbe esistere"; di contro essi condannano le violenze jihadiste, "che non hanno nulla a che vedere con l'islam ma sono frutto del diavolo". Si tratta di agenti esterni, conclude il prelato, agenti di una "ideologia wahabita" che viene inculcata dalle elementari all'università alle giovani generazioni, secondo un progetto che "parte dall'Arabia Saudita" e che vanta "migliaia" di adepti "sparsi in tutto il mondo". (DS)

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