22/11/2017, 12.10
YEMEN
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Vicario d’Arabia: profanato il cimitero cristiano di Aden. Il disastro dello Yemen

Un gruppo non identificato ha demolito croci e lapidi. Nel mirino anche le tombe delle suore di Madre Teresa uccise nel marzo 2016. Mons. Hinder: Fatto grave. Una conferma “della situazione di difficoltà e violenza” che “persiste” nel Paese. Il “blocco” imposto dai sauditi mette “a rischio la sopravvivenza delle persone”.  

 

Sana’a (AsiaNews) - Nei giorni scorsi “è stato profanato il cimitero cristiano di Aden”, colpendo anche le tombe delle suore di Madre Teresa, morte nell’assalto alla loro casa dove ospitavano persone anziane. Lo racconta ad AsiaNews mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen). Il prelato aggiunge che la situazione economica, sociale e umanitaria in Yemen resta “drammatica”, con alcune realtà che si presentano “particolarmente problematiche” e con “urgenze diverse” a seconda delle aree del Paese. Per mons. Hinder, il blocco imposto dall’Arabia Saudita è uno “dei problemi maggiori”. 

“L’attacco al cimitero cristiano di Aden - racconta mons. Hinder - è avvenuto due notti fa. Gli assalitori, la cui identità al momento resta ignota, hanno danneggiato le croci e divelto alcune tombe”. Nel contesto dell’assalto sono state profanate anche le tombe delle quattro suore di Madre Tersa uccise il 4 marzo 2016, nel contesto dell'attacco sferrato da un gruppo estremista locale.

Solo una religiosa è riuscita a scampare all’assalto, durante il quale i terroristi hanno rapito p. Tom Uzhunnalil, salesiano indiano missionario in Yemen. Il sacerdote è rimasto a lungo nelle mani dei suoi sequestratori e solo di recente ha ritrovato la libertà, grazie anche alla fondamentale intermediazione dei vertici del Sultanato dell’Oman.

“Non è la prima volta che accade un fatto simile - prosegue il vicario apostolico - ma il danneggiamento di un cimitero resta un fatto grave. Certo, questi episodi di violenza non toccano solo i cristiani, ma confermano la situazione di difficoltà e di violenza che persiste”. Il Paese arabo dal gennaio 2015 è teatro di un sanguinoso conflitto interno che vede opposte la leadership sunnita dell’ex presidente Hadi, sostenuta da Riyadh, e i ribelli sciiti Houthi, vicini a Iran ed Hezbollah.

Nel marzo dello stesso anno una coalizione araba a guida saudita ha promosso raid contro i ribelli, finiti nel mirino delle Nazioni Unite per le vittime [fra i civili] che hanno provocato. Tra questi vi sono anche bambini. Fonti Onu parlano di quasi 9mila morti, di cui il 60% circa civili, e 45mila feriti. Su un totale di 28 milioni di abitanti, il conflitto ha inoltre lasciato fino a 20 milioni di persone (su un totale di 27) bisognose di assistenza e di aiuti umanitari per poter sopravvivere. Di questi, almeno sette milioni sono considerati sull’orlo della carestia, 2,3 milioni i bambini malnutriti. A questo si aggiunge la peggiore epidemia di colera al mondo che, secondo fonti della Croce rossa internazionale, ha già colpito 900mila persone.

La situazione già di per sé critica è aggravata da un blocco imposto nelle ultime due settimane dall’Arabia Saudita e che ha di fatto bloccato l’ingresso via terra, aria e mare di cibo e aiuti umanitari. Attivisti di Medici Senza Frontiere (Msf) denunciano che la scelta di sigillare i confini da parte di Riyadh finisce per acuire le sofferenze di una popolazione già stremata. Ong internazionali e gruppi attivisti lanciano l’allarme, per un possibile “deterioramento senza precedenti” della situazione alimentare. Ad oggi l’80% delle risorse alimentari viene importato e il Paese non è in grado di sopravvivere senza gli aiuti. 

“Uno dei problemi principali - conclude mons. Hinder - è rappresentato proprio dal blocco che impedisce l’ingresso di aiuti, siano essi cibo o medicinali. Bisogna intervenire, per fornire un’assistenza umanitaria fondamentale per la sopravvivenza della popolazione”.(DS)

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