03/10/2014, 00.00
VIETNAM
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Vietnam: dopo tre anni di carcere e violenze, libero l’attivista cattolico Dau Van Duong

Egli era stato condannato nel 2012 per “propaganda contro lo Stato”. In cella ha subito forti percosse, rischiando di morire. Le autorità gli hanno impedito la lettura della Bibbia, restituita in seguito a un prolungato sciopero della fame. “Sono fortunato a essere ancora vivo” afferma, e promette di continuare a lottare contro le ingiustizie.

Hanoi (AsiaNews) - Il governo vietnamita ha rilasciato il 26enne attivista cattolico Antonie Dau Van Duong, da oltre tre anni in prigione dove ha quasi rischiato di morire per le ripetute percosse, umiliazioni e violenze subite per mano delle guardie carcerarie. I secondini gli hanno persino impedito l'accesso alla Bibbia, nel tentativo di minare la sua fede. Egli era parte di un gruppo di quattro cristiani, incriminati e condannati nel maggio 2012 per "propaganda contro lo Stato" in seguito alla distribuzione di volantini inneggianti alla democrazia. I quattro sono stati puniti in base al famigerato articolo 88 del Codice penale vietnamita, una norma che - a detta di associazioni pro diritti umani - è spesso usata per arrestare bloggers, avvocati e voci critiche nei confronti della leadership comunista e dello Stato. 

I giudici lo hanno condannato a tre anni e sei mesi si carcere; tuttavia, le autorità hanno anticipato la scadenza dei termini della pena, ordinando la scarcerazione e 18 mesi aggiuntivi di libertà vigilata. Intervistato da Radio Free Asia (Rfa) poco dopo aver fatto ritorno a casa, nel distretto di Nam Dan, provincia di Nghe An, Duong ha detto di essere "fortunato perché sono ancora vivo", dopo aver subito terribili violenze nel centro penitenziario di Nghi Kim. 

I secondini, racconta, "hanno permesso agli altri prigionieri di picchiarmi, due lo hanno fatto dalle 10 di sera alle 4 del mattino". Ringrazio Dio, aggiunge, di "poter essere ancora qui, in piedi, oggi. Avrei potuto morire. Il mio corpo era preda di terribili sofferenze, ma ho continuato a pregare e mi sono ripreso". 

In un secondo momento egli è stato trasferito nella prigione numero 5 della provincia di Thanh Hoa, dove ha trascorso il tempo restante della condanna. Egli era in cella con "trafficanti di droga, ladri e assassini", sebbene per brevi periodi abbia trascorso il tempo con altri prigionieri politici. Le guardie della prigione gli hanno sequestrato a più riprese la Bibbia, che gli è stata restituita solo in seguito a un prolungato sciopero della fame. 

Al tempo della condanna, associazioni pro diritti umani e organizzazioni internazionali hanno parlato di processo farsa e vergognoso, in cui è stata emessa una sentenza "senza nemmeno uno straccio di prova". Membri della diocesi di Vinh, i quattro giovani cattolici hanno partecipato in modo attivo a iniziative di volontariato, fra cui donazione del sangue, aiuto agli orfani e alle vittime dei disastri naturali, aiutato le donne a non abortire e portare a termine la gravidanza. 

Uscendo di prigione, alle guardie che parlavano di un processo completato di rieducazione del giovane, egli ha risposto deciso: "In realtà, non mi sono affatto rieducato!" e assicura di continuare a lottare contro le ingiustizie, assieme agli altri attivisti cattolici. 

Da tempo in Vietnam è in atto una campagna durissima del governo contro dissidenti, blogger, leader religiosi (fra cui buddisti), attivisti cattolici o intere comunità come successo nella diocesi di Vinh, dove si è assistito a una campagna diffamatoria e attacchi mirati contro vescovo e fedeli. La repressione colpisce anche singoli individui, colpevoli di rivendicare il diritto alla libertà religiosa e al rispetto dei diritti civili dei cittadini. Solo nel 2013, Hanoi ha arrestato decine di attivisti per crimini "contro lo Stato", in base a una norma che gruppi pro diritti umani bollano come "generiche" e "vaghe". Con oltre sei milioni di fedeli, il cattolicesimo è la seconda religione per importanza e numero di fedeli nel Paese, dopo il buddismo. Da tempo sono in atto controversie con Hanoi, nella maggioranza dei casi per questioni legate a proprietà terriere o beni ecclesiastici che il governo vuole requisire. 

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