25/05/2016, 11.52
VIETNAM
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Vinh, messe e fiaccolate per chiedere giustizia dopo l’inquinamento del mare

La sera del 21 maggio i cattolici sono scesi in strada per difendere il loro vescovo, preso di mira da una campagna diffamatoria dello Stato. Mons. Hop ha accusato Hanoi di inefficienza nell’affrontare il disastro ambientale. Il consiglio presbiteriale della diocesi ha sottoscritto una petizione indirizzata alle autorità. I pescatori presi nella morsa tra la moria di pesci e il bando della pesca imposto da Pechino.

 

Hanoi (AsiaNews/EdA) – Decine di migliaia di cattolici continuano a riunirsi in veglie di preghiera e fiaccolate per esprimere il proprio disappunto per l’atteggiamento del governo di Hanoi nell’affrontare l’emergenza ambientale che ha causato la morte di centinaia di migliaia di pesci e messo in ginocchio i pescatori delle provincie centrali del Paese. Nella diocesi di Vinh – una delle più colpite – i fedeli si sono stretti attorno al proprio vescovo, mons. Paul Nguyen Thai Hop, che insieme ai responsabili delle parrocchie e ai laici si è espresso con franchezza criticando le autorità.

A partire dal 6 aprile scorso, migliaia di pesci morti hanno iniziato a spiaggiarsi nelle province centrali di Tĩnh, Quảng Bình, Quảng Trị e Thừa Thiên-Huế. Ad inizio maggio è stato scoperto un lungo tubo di scarico appartenente alla compagnia dell’acciaio Hưng Nghiệp (del Formosa Plastic Group di Taiwan) che conduce acque inquinate a 17 metri sotto il livello del mare. L’azienda ha ammesso che ogni giorno vengono riversati 12mila metri cubi di liquido tossico. Di recente l’industria ha utilizzato 300 tonnellate di materiale chimico per “raffreddare” i condotti del suo sistema acquifero.

Il 13 maggio scorso, mons. Hop ha scritto una lettera pastorale in cui ha denunciato l’indifferenza di Hanoi nei confronti del “panico, impoverimento e indignazione che le persone stanno attraversando”. Nei giorni seguenti, il presule è stato oggetto di una campagna mediatica di diffamazione condotta sulla televisione locale. La sera del 21 maggio, tutti i cattolici della diocesi sono scesi in strada in varie località per difendere il loro vescovo. Nella parrocchia di Yen Hoa erano più di mille i partecipanti alla messa delle otto di sera.

In quell’occasione, 238 persone (fra cui il vescovo ausiliare e quello emerito) hanno sottoscritto una petizione del consiglio presbiteriale indirizzata alle più alte autorità dello Stato e della provincia (v. foto). La lettera chiede chiarimenti allo Stato circa i crimini del gruppo Formosa, l’interruzione delle attività dell’azienda e che le autorità civili ascoltino le manifestazioni pacifiche della popolazione. Nei giorni scorsi Hanoi ha usato il pugno di ferro per disperdere le proteste nate in diverse città.

I pescatori vietnamiti, già colpiti dall’inquinamento delle acque, devono affrontare anche le angherie di Pechino, che ha imposto a partire dal 16 maggio al primo agosto il bando totale della pesca in buona parte del mar Cinese meridionale (comprese le coste settentrionali del Vietnam, le isole Paracel e Spratlys). La Cina ha adottato le medesime misure anche nel 2015, per penalizzare le flotte straniere e garantirsi il controllo delle acque dove ogni anno si scambiano merci per 5mila miliardi di dollari.

I cinesi stanno addestrando 350mila paramilitari per equipaggiare 50mila navi da pesca armate, in grado di attaccare e affondare la concorrenza. Per Tran Van Linh, presidente del comitato direttivo della società per azioni dell’industria ittica, il bando imposto da Pechino “è solo una scusa per intimidire, arrestare e attaccare i nostri pescatori”.

(Ha collaborato Paul Nguyen Binh)

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