26/02/2020, 09.02
INDIA
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Violenze religiose a Delhi, 20 le vittime: è ‘terrorismo di Stato’

Gli scontri si susseguono da quattro giorni. Filmati mostrano la polizia inerme di fronte ai pestaggi. Dissacrate due moschee. Portavoce dell’arcidiocesi: “L’India deve la sua libertà alla lotta non violenta”.

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – È salito a 20 vittime il bilancio degli scontri di matrice religiosa nella capitale indiana, che continuano per il quarto giorno consecutivo. I quartieri interessati dalle proteste sono quelli del quadrante nord-est, abitati in maggioranza dalla popolazione islamica. L’oggetto della contesa è sempre la nuova legge sulla cittadinanza, che discrimina i fedeli dell’islam. Ad AsiaNews A C Michael, ex membro della Commissione per le minoranze di Delhi, condanna le violenze e le definisce “terrorismo di Stato”.

Ciò che sta accadendo nella capitale, spiega, “può essere classificato come ‘terrorismo di Stato’. Al primo sguardo, la macchina dello Stato potrebbe non essere così visibile in questi violenti incidenti. Ma esistono prove forti ed evidenti che dimostrano che essi hanno la tacita approvazione del governo o del Ministro dell’interno dell’Unione che è direttamente responsabile dell’ordine pubblico a Delhi, dato che la polizia della capitale dipende da lui”.

Oggi le aree coinvolte negli scontri assomigliano un teatro di guerra: negozi distrutti, auto incendiate, macchie di sangue, frammenti di vetri e mattoni lanciati dai manifestanti, rifiuti e rottami accatastati e dati alle fiamme. Ieri sono anche state assaltate due moschee: la prima è stata parzialmente bruciata e le pagine del Corano gettate in strada; la dissacrazione della seconda mostra alcune persone che cercano di strappare la mezzaluna dalla cima del minareto.   

Dai filmati amatoriali che circolano in rete, continua Michael, “si vede la polizia che osserva le persone che vengono colpite, quelle che sparano e altro. Gli agenti hanno permesso ai sostenitori della legge [anti-islamica] di organizzare la loro protesta vicino a quella degli oppositori che già era in corso. È certo che la polizia fosse d’accordo con queste persone, che così hanno potuto portare pistole e spade senza alcuna difficoltà nei luoghi della protesta”.

Secondo p. Savarimuthu Sankar, portavoce dell’arcidiocesi di Delhi, “il diritto di protestare è uno dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione indiana. Purtroppo però ogni protesta e dissenso sono etichettati come anti-nazionale e coloro che partecipano alle manifestazioni sono chiamati traditori dai gruppi dell’Hindutva. Le violenze perpetrate sui manifestanti da parte della polizia e di altri sono senza precedenti”.

Il sacerdote ricorda che “l’India ha ottenuto la libertà attraverso la lotta non violenta condotta dal Mahatma Gandhi. Lanciamo un appello ai governi centrale e statale affinchè indentifichino e arrestino gli esecutori di queste orribili violenze e forniscano adeguata sicurezza a coloro che partecipano a raduni pacifici”. (A.C.F.)

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