29/09/2021, 12.45
PAPUA NUOVA GUINEA
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Wabag: accuse di stregoneria, diocesi in prima linea per le vittime

La violenza fisica verso chi è accusato di praticare stregoneria è ancora diffusa nel Paese: numerosi i casi di torture e omicidi a causa di questa credenza infondata. La Chiesa locale, impegnata nell'assistenza a chi è colpito, l'ha inserita come priorità nel suo Piano pastorale

Port Moresby (AsiaNews) - In gergo è comunemente conosciuta con l’acronimo SARV (Sorcery Accusation Related Violence): si tratta della violenza fisica subita da chi è stato accusato di praticare stregoneria. Un fenomeno ancora diffuso in Papua Nuova Guinea e in special modo nella provincia di Enga, dove si trova la diocesi cattolica di Wabag. Le credenze popolari in merito alle pratiche legate alla stregoneria restano radicate: non è raro che un’intera comunità si accanisca contro una persona accusata di eseguire riti occulti e sortilegi fino ad arrivare alla tortura e all’uccisione di quest’ultima.

“Quando capitano casi di decessi difficili da spiegare senza un’adeguata conoscenza medica, è convinzione comune che quella morte sia il risultato del sanguma, termine utilizzato per indicare la stregoneria - si legge in un rapporto stilato dalla Conferenza episcopale papuana (CBCPNGSI) insieme al Tavolo per i migranti e i rifugiati -. Anche in casi come le morti per Aids, i membri della famiglia del defunto danno la colpa alla stregoneria per evitare lo stigma. L’intervento di un glasman (indovino, ndr) definisce le cause della morte e rivela il nome di chi ha compiuto la stregoneria. Una volta che la famiglia del defunto muove le prime accuse verso una persona, questa viene processata dall’intera comunità, torturata e spesso uccisa senza alcuna prova”.

La diocesi di Wabag è fortemente impegnata nella lotta alla SARV, tanto da averla inserita come punto critico e prioritario nel suo Piano pastorale 2021-2025. “Dal vescovo, Arnold Orowae, passando per il coordinatore della Caritas diocesana, Peter Pumbu, fino ad arrivare ai sacerdoti, ai laici e ai volontari: tutti sono impegnati nella lotta a questa infondata violenza – spiega il report -. Lo sforzo non sta solo nel tentativo estremo (e spesso pericoloso) di salvataggio delle vittime, ma anche nel lavorare sulla prevenzione e sulla consapevolezza della gente”.

Attualmente, la diocesi di Wabag sta prestando aiuto e accudendo 14 vittime di SARV; tra queste ci sono 3 bambini. Il rapporto del 2020 ha registrato 9 morti solo in seguito alle torture e ai pestaggi. Il caso più recente risale all'8 settembre 2021: una donna stava ricevendo aiuto in una casa sicura della diocesi a Lae quando è morta a causa delle percosse e delle torture subite.

Nel documento, stilato dopo un’attenta analisi e dopo aver fatto visita alle case dei volontari che si prendono cura delle vittime, la diocesi individua 5 punti centrali nell’aiuto alle vittime della SARV. Il salvataggio (1) e il la messa in sicurezza (2) sono i primi passaggi decisivi: sovente le vittime hanno subito gravi traumi da percosse e bruciature del corpo con barre di metallo caldo, il che rende necessario il ricovero in ospedale. Dopo essere state dimesse, le vittime hanno bisogno di un posto sicuro, una Safe-House (3) lontano dalla comunità e dagli accusatori. Infine, è necessario un intervento di mediazione da parte della diocesi che in prima istanza apra una “conferenza” sul caso insieme alla comunità della vittima (4), e poi si accerti che il reintegro (5) nel villaggio avvenga nel modo più sicuro e tutelato possibile. “In molti casi, le vittime di SARV rimangono anche oltre 6 mesi sotto la cura del team diocesano”.

Nella parrocchia di Pina il sacerdote locale ha messo a disposizione una casa per ospitare tre donne accusate di stregoneria. Insieme a loro vivono due bambini rimasti orfani dopo che i genitori vennero accusati e uccisi nell’ottobre 2020. In questa realtà la diocesi ha recentemente organizzato un workshop di 5 giorni per sensibilizzare la popolazione e fornire strumenti adatti nella lotta a questo fenomeno. “Con l’aiuto di medici e professionisti dell’ambito sanitario, si è spiegato ai partecipanti che la maggior parte dei decessi trova riscontro in malattie e infermità scientificamente verificate, tra cui HIV, TBC, infarto, ecc. - conclude il report - e che la stregoneria non ha nulla a che vedere con queste morti improvvise”.

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