22/01/2021, 08.50
RUSSIA
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È lotta fra Putin e Naval’nyj, il ‘Nelson Mandela’ russo

di Vladimir Rozanskij

Sergej Erofeev, sociologo russo, vuole presentare la sua candidatura per il Nobel. Manifestazioni a favore dell’attivista blogger. Le autorità cercano di impedire le proteste. Il film sul “palazzo di Putin” a Gelendzhik è stato già visto da oltre 53 milioni di spettatori.

Mosca (AsiaNews) – Aleksej Naval’nyj, arrestato il 17 gennaio al suo ritorno dalla Germania, dopo aver superato un tentativo di avvelenamento, sta diventando sempre più un simbolo di tutta l'opposizione a Vladimir Putin, tanto da essere definito da alcuni come il “Nelson Mandela” della Russia.

Sergej Erofeev, importante sociologo russo che insegna negli Usa, è intervenuto su Radio Svoboda sostenendo che con l’attuale detenzione la figura di Naval’nyj comincia ad assomigliare a quella di Nelson Mandela, e per questo si è fatto promotore dell’iniziativa di presentare la candidatura di Naval’nyj al Nobel per la pace, che spesso è conferito “a coloro che lottano per la difesa dei diritti umani”. Secondo Erofeev, la candidatura verrà sostenuta non soltanto a livello internazionale, ma soprattutto “dall’intero popolo russo”.

In tutta la Russia si svolgono manifestazioni per chiedere la liberazione dell’attivista blogger (foto 2), a cui partecipano diversi russi all’estero e cittadini di vari Paesi (in Italia, a Roma, una manifestazione è prevista domani 23 gennaio a piazza del Pantheon, in contemporanea con quella in Russia). Le autorità russe stanno cercando di impedire le proteste. L’autorità federale per il controllo delle comunicazioni (Roskomnadzor) ha preteso dalle piatteforme social TikTok e Vkontakte di eliminare ogni informazione che possa indurre i minorenni a scendere in piazza per unirsi alle manifestazioni.

Intanto, la difesa di Aleksej Naval’nyj ha presentato ieri appello per ottenere la sua liberazione, detenuto nel carcere moscovita Matrosskaja Tišina con la condanna di un mese. La seduta d’appello del tribunale di Khimki, dove era stata pronunciata la condanna, è prevista per il 2 febbraio.

Da parte sua, la procura generale di Russia ha presentato le sue lamentele alle autorità della Germania, dove Naval’nyj si è recato dopo l’avvelenamento e dove è stato curato, perché non sono state fornite le necessarie informazioni alla Russia. Secondo la procura, la Germania “nasconde le reali circostanze dell’accaduto”. La protesta della procura fa seguito ad analoga nota diplomatica da parte del ministero russo degli esteri, che ha richiesto i risultati delle analisi sulla bottiglietta da cui sarebbe stato sparso il Novichok, e sullo stesso Naval’nyj.

Di fronte alle pressioni internazionali che chiedono la sua liberazione immediata, il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha dichiarato che secondo la presidenza “c’erano tutti i presupposti legali per l’arresto di Naval’nyj”, e ha negato in tono sprezzante che Vladimir Putin possa in qualche modo avere timore del blogger arrestato, anzi “questi si trovava a Berlino, perché Putin aveva personalmente deciso di farlo uscire”.

Alle domande dei giornalisti, Peskov ha risposto che finchè Naval’nyj era “il paziente di Berlino” non c’era necessità di chiedergli conto delle sue azioni, mentre una volta guarito, egli ne deve rispondere: “Dal 29 dicembre egli era un ricercato”. Il portavoce ha giustificato il “processo abbreviato” nelle stanze della questura all’aeroporto con le particolari disposizioni anti-Covid, che costringono la polizia a limitare gli spostamenti.

I collaboratori di Naval’nyj hanno diffuso in questi giorni su YouTube un servizio preparato dal blogger, secondo il suo stile, per denunciare la corruzione del potere, questa volta diretto contro lo stesso presidente Putin. Il documentario di due ore Il palazzo di Putin. Storia della più grande mazzetta mostra la reggia di Gelendzhik, grande “39 volte il principato di Monaco”, intitolata ad amici di Putin, per la cui costruzione sarebbe stato utilizzato oltre un miliardo di dollari (foto 3). Il palazzo sarebbe stato costruito dall’architetto italiano Lanfranco Cirillo (foto 4), riparato in Russia negli anni ’90, come diversi altri imprenditori italiani, al tempo dell’inchiesta di “Mani Pulite”. Ad oggi, il documentario ha ottenuto oltre 53 milioni di visualizzazioni, superando l’altro film di denuncia contro l’allora primo ministro Dmitrij Medvedev e i suoi sfarzi nel 2017, dal titolo Non è più il vostro Dimon.

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