06/01/2020, 11.20
VATICANO
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​Papa: come i Magi, adorare Dio e non il denaro, il consumo, il successo, noi stessi

Riscoprire l’adorazione come “esigenza” della fede, perché “se perdiamo il senso dell’adorazione, perdiamo il senso di marcia della vita cristiana, che è un cammino verso il Signore, non verso di noi”. “La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia; se non si fa come i Magi, che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Riscoprire l’adorazione come “esigenza” della fede, per imparare “a rifiutare quello che non va adorato: il dio denaro, il dio consumo, il dio piacere, il dio successo, il nostro io eretto a dio. Adorare è farsi piccoli al cospetto dell’Altissimo, per scoprire davanti a Lui che la grandezza della vita non consiste nell’avere, ma nell’amare”. E’ ciò che fanno i Magi, recandosi ad adorare il Bambino, è ciò che non fanno altri, a partire da Erode, dimostrando che “l’uomo, quando non adora Dio, è portato ad adorare il suo io”.

Il significato dell’adorazione di Dio è stato al centro dell’omelia di papa Francesco nel giorno della Epifania del Signore, perché “se perdiamo il senso dell’adorazione, perdiamo il senso di marcia della vita cristiana, che è un cammino verso il Signore, non verso di noi”. “E anche la vita cristiana, senza adorare il Signore, può diventare un modo educato per approvare sé stessi e la propria bravura. Cristiani che non sanno adorare. È un rischio serio: servirci di Dio anziché servire Dio. Quante volte abbiamo scambiato gli interessi del Vangelo con i nostri, quante volte abbiamo ammantato di religiosità quel che ci faceva comodo, quante volte abbiamo confuso il potere secondo Dio, che è servire gli altri, col potere secondo il mondo, che è servire sé stessi!”.

“Nella vita cristiana non basta sapere: senza uscire da sé stessi, senza incontrare, senza adorare non si conosce Dio. La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia; se non si fa come i Magi, che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono. Quando si adora ci si rende conto che la fede non si riduce a un insieme di belle dottrine, ma è il rapporto con una Persona viva da amare. È stando faccia a faccia con Gesù che ne conosciamo il volto. Adorando, scopriamo che la vita cristiana è una storia d’amore con Dio, dove non bastano le buone idee, ma bisogna mettere Lui al primo posto, come fa un innamorato con la persona che ama. Così dev’essere la Chiesa, un’adoratrice innamorata di Gesù suo sposo”.

“Se sapremo inginocchiarci davanti a Gesù, vinceremo la tentazione di tirare dritto ognuno per la sua strada. Adorare, infatti, è compiere un esodo dalla schiavitù più grande, quella di sé stessi. Adorare è mettere il Signore al centro per non essere più centrati su noi stessi. È dare il giusto ordine alle cose, lasciando a Dio il primo posto. Adorare è mettere i piani di Dio prima del mio tempo, dei miei diritti, dei miei spazi. È accogliere l’insegnamento della Scrittura: «Il Signore, Dio tuo, adorerai» (Mt 4,10). Dio tuo: adorare è sentire di appartenersi a vicenda con Dio. È dargli del ‘tu’ nell’intimità, è portargli la vita permettendo a Lui di entrare nelle nostre vite. È far discendere la sua consolazione sul mondo. Adorare è scoprire che per pregare basta dire: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28), e lasciarci pervadere dalla sua tenerezza. Adorare è incontrare Gesù senza la lista delle richieste, ma con l’unica richiesta di stare con Lui. È scoprire che la gioia e la pace crescono con la lode e il rendimento di grazie”.

“Adorare è riscoprirci fratelli e sorelle davanti al mistero dell’amore che supera ogni distanza: è attingere il bene alla sorgente, è trovare nel Dio vicino il coraggio di avvicinare gli altri. Adorare è tacere davanti al Verbo divino, per imparare a dire parole che non feriscono, ma consolano. Adorare è un gesto d’amore che cambia la vita. È fare come i Magi: è portare al Signore l’oro, per dirgli che niente è più prezioso di Lui; è offrirgli l’incenso, per dirgli che solo con Lui la nostra vita si eleva verso l’alto; è presentargli la mirra, con cui si ungevano i corpi feriti e straziati, per promettere a Gesù di soccorrere il nostro prossimo emarginato e sofferente, perché lì c’è Lui”.

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