19/11/2009, 00.00
RUSSIA
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“Effetto Dymovsky”: contro la corruzione della polizia di Putin

Violenze contro innocenti, abusi di potere, uccisione di civili: poliziotti denunciano le forze dell’ordine usando internet e YouTube e chiamando in causa Putin e Medvedev.

 

Mosca (AsiaNews) – Lo chiamano “effetto Dymovsky” dal primo agente che ha avuto il coraggio di parlare. I quotidiani russi parlano di “virus” che sta contagiando le forze dell’ordine spingendo i poliziotti a denunciare, per la prima volta pubblicamente, il sistema. I “ribelli” usano YouTube per diffondere le loro critiche al trattamento iniquo di persone innocenti e alla gestione della polizia: salari bassi, impossibilità di assentarsi dal lavoro per malattia. Le autorità per ora reagiscono licenziando gli agenti in cerca di giustizia, spacciandoli per uomini stipendiati dall’“intelligence occidentale”. Ma il presidente Medvedev ha fatto della lotta alla corruzione un suo cavallo di battaglia e se non vuole perdere la faccia, in molti sostengono che presto dovrà agire. Magari spingendo alla “dimissioni” il ministro degli Interni Rashid Nurgaliyev, un fedelissimo del premier Vladimir Putin.

 

Il “virus Dymovsky” inizia a diffondersi il 9 novembre, quando il giovane poliziotto Alexey Dimovsky viene licenziato dopo aver rivolto un appello online a Putin in cui punta il dito contro la corruzione dei suoi sui superiori. L'agente di Novorossiisk, città portuale sul Mar Nero, aveva postato su YouTube un video di sette minuti in cui accusava i superiori di averlo a costretto a lavorare nei fine settimana e a risolvere crimini inesistenti, oltre a bloccare la sua richiesta di risarcimento per un incidente sul lavoro. Dopo che il video è stato visto da almeno 200mila persone e che i media hanno ripreso la storia, il ministro Nurgaliyev ha aperto un’inchiesta completata al tempo record di due ore senza alcun riscontro alle accuse ma solo con il licenziamento di Dymovsky “per diffamazione e azioni che macchiano l'onore” della polizia.

Il poliziotto si è detto preoccupato per la sua vita e quella della sua famiglia dopo aver visto un'auto seguire la sua per un’intera giornata. In una conferenza stampa lo scorso 11 novembre a Mosca, l’agente ha dichiarato di avere le prove degli abusi commessi dai vertici della polizia e ha invitato i suoi colleghi a uscire dal silenzio. Da allora, sono già otto i video pubblicati su YouTube da agenti e magistrati, indirizzati principalmente a Medvedev e Putin. Tutti cliccati centinaia di migliaia di volte.

Un pubblico ministero di Komi, Grigory Chekalin, su YouTube ha denunciato le “accuse fabbricate” ai danni di due cittadini condannati, così, all’ergastolo; l'iniziativa, però, gli è costata il trasferimento forzato e ora rischia che a suo carico si apra un’inchiesta penale per “abuso di potere”. Chekalin ha deciso di parlare dopo che un poliziotto di Komi, Mikhail Yevseyev, aveva denunciato lo stesso caso sempre online. Dopo di loro sono arrivati le video-denunce di altri, tra cui un ex vigile urbano di Mosca, licenziato perché chiedeva il rispetto dei suoi diritti sul lavoro, Tatyana Domracheva una poliziotta della regione di Sverdlovsk (aveva parlato di bustarelle all'interno del suo distretto) e l’agente Aleksej Mumolin da Togliatti.

Il 2009 è stato un anno nero per la polizia russa, colpita da una serie di scandali e incidenti di cui il più noto rimane il caso del maggiore Denis Yevsyukov, che ad aprile ha aperto il fuoco sulla folla provocando la morte di almeno tre persone. La vicenda aveva portato al licenziamento del capo della polizia di Mosca, sacrificato come capro espiatorio, ma poi non è seguita nessuna misura concreta.

Ormai esasperati dalla corruzione dilagante sia nella polizia, che nei tribunali, ai cittadini russi non sembra rimasta altra speranza che affidarsi alla “cyber-giustizia” attraverso strumenti come LiveJournal o la versione russa di Facebook “Vkontakte”. Solo un terzo della popolazione ha un accesso regolare a internet, ma il numero di naviganti cresce velocemente. Il Cremlino ne è cosciente e molti si chiedono (e temono) ora, come intenda agire.

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