30/06/2007, 00.00
TURCHIA
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“Preoccupa” la sentenza che nega l’ecumenicità del Patriarca di Costantinopoli

È il sentimento espresso dal Patriarcato di Costantinopoli dopo il recente verdetto che lo definisce “ente turco” preposto alla guida della sola minoranza greco-ortodossa in Turchia. Esperti parlano di verdetto “politico”, contrario ai programmi europeisti del governo, e pericoloso precedente che potrebbe influire sulle sorti delle comunità religiose nel Paese.
Istanbul (AsiaNews) – Il Patriarca di Costantinopoli esprime il suo “profondo dispiacere” per la sentenza con cui il 26 giugno la Corte Suprema ha contestato l’ecumenicità del Patriarcato di Costantinopoli, definendolo semplicemente un ente turco adibito al culto della minoranza greco-ortodossa della Turchia. Secondo la Corte, quindi, Bartolomeo I non può avanzare il titolo di “Patriarca ecumenico” per il mondo ortodosso. Esperti di affari religiosi in Turchia parlano di verdetto “politico”, che suscita “preoccupazione” per le sorti delle minoranze religiose nel Paese.
 
Nel comunicato pubblicato ieri il Patriarcato precisa che “il primato del Patriarcato è da 17 secoli un titolo spirituale storico e onorario dell’ortodossia. Nel mondo cristiano ortodosso il primato stabilisce i rapporti di gerarchia ed esprime un puro stato religioso, ha cioè una rilevanza teologica”.
 
Apparentemente la sentenza della Corte sembra la solita presa di posizione nei confronti del Patriarcato, volta a ridimensionarne il ruolo e l’autorità. Posizione – notano ambienti diplomatici - quantomeno contraddittoria per un Paese che ha posto come pietra miliare dalla sua nascita la prospettiva europea. Quello che più preoccupa gli analisti, però, è il contesto in cui il verdetto è maturato. La Corte veniva chiamata ad esaminare un ricorso fatto da un prete turco ortodosso di origine bulgara, che il Santo Sinodo aveva rimosso dalla sua parrocchia a causa di “comportamento inadeguato alle sue funzioni”. Nel dispositivo della sentenza – notano gli esperti - la Corte Suprema ha dato ragione al Patriarcato, ma allo stesso tempo ha colto l’occasione per emettere una giudizio politico circa lo stato giuridico del Patriarcato.
 
Il “primato”, temuto da autorità e opinione pubblica
 
Per giustificare la propria sentenza la Corte ha addirittura scomodato il Trattato di Losanna del 1923, che classifica il Patriarcato di Costantinopoli come minoranza religiosa e non come “ecumenico”. Nell’ortodossia ogni Chiesa è “autocefala”, cioè autonoma per giurisdizione, ma da sempre il Patriarcato di Costantinopoli ricopre un ruolo di “primus inter pares”, in forza del valore storico della Chiesa dell'antica capitale cristiana di Oriente. I giudici poi hanno precisato che, pur avendo diritto di rimanere sul suolo turco, il Patriarcato “è soggetto alla legislazione turca”, mentre la Turchia non può dare “status speciale” alle minoranze che vi abitano.
La comunità ortodossa come quella cattolica continua a non avere personalità giuridica, i ministri di culto e i vescovi non sono riconosciuti, i seminari sono chiusi, mentre il Patriarca di Costantinopoli deve essere per forza un cittadino turco. La qualifica di “ecumenico” legata al patriarcato irrita alcuni ambienti politici turchi e settori dell'opinione pubblica che accusano il Fanar di voler  costruire enclave straniere nel Paese o comunque pretendere una sorta di extraterritorialità, sulla falsariga della Città del Vaticano. Accuse puntualmente smentite dal Patriarcato, che chiede solo il riconoscimento dei propri diritti.
 
“Pericoloso” precedente
 
Dal momento che in Turchia vige il detto che la giurisprudenza fa da legge, la sentenza della Corte Suprema è un campanello d’allarme visti i precedenti. Nel 1974 la stessa Corte ha contestato il diritto di proprietà alle fondazioni religiose delle minoranze, come era sancito dalla legge del 1933. Tale legge sanciva tutti i titoli di proprietà immobiliare sin allora posseduti e in più concedeva il diritto di venire in possesso di nuove proprietà. Con la sentenza del 1974 le fondazioni religiose furono, arbitrariamente, spogliate di tutti gli immobili acquisiti dopo il 1933. (NT)
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