Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’attivista mongolo Hada è “scomparso” poco dopo avere finito la pena di 15 anni di carcere. Molti pensano che sia confinato agli arresti domiciliari, ma vicini e parenti dicono di ignorare dove sia.
Hada è stato condannato per “separatismo” per la sua campagna non violenta per l’indipendenza della Mongolia Interna dal dominio cinese. Arrestato il 10 dicembre 1995, uscito il 10 dicembre scorso dalla prigione di Chifeng, non si hanno sue notizie. La cognata Naraa ha detto di aver ricevuto una lettera dalla Pubblica sicurezza con un cd con 5 foto datate 10 dicembre che mostrano Hada festeggiare con la moglie Xinna e il figlio Uiles (nella foto).
A distanza di una settimana le autorità non hanno dato alcuna notizia, nonostante le ripetute richieste anche di agenzie e organi internazionali per la tutela dei diritti umani.
Haschuluu, zio di Hada, ha commentato all’agenzia Radio Free Asia che la foto appare recente, ma non riconosce dove la famiglia sia riunita. “Ho chiesto dove fosse Hada – spiega lo zio – ma le autorità carcerarie mi hanno risposto di non preoccuparmi”. “Credo che Hada sia stato rilasciato, ma sia agli arresti domiciliari. Ho sentito dire che sia stato portato nella capitale locale, Hohhot”.
Secondo parenti e vicini, la moglie e il figlio di Hada sono stati portati dalla polizia a Hohhot, la settimana prima del rilascio di Hada, in luogo sconosciuto. Xinna è stata accusata di “commerci illegali” e Uiles di “concorso in traffico di stupefacenti”.
Il negozio di libri della famiglia è ancora chiuso.
Il Centro d’Informazione per i diritti umani della Mongolia meridionale, in contatto con i familiari di Hada, ha commentato che la foto appare autentica.
Pechino è accusata di praticare una sistematica discriminazione contro gli abitanti originari della Mongolia Interna, che gli autoctoni chiamano anche Mongolia meridionale, favorendo l’immigrazione di etnici Han. Nella regione su 24 milioni di abitanti ci sono circa 6 milioni di mongoli, che ormai sono una minoranza nella loro terra.
Gruppi per la tutela dei diritti osservano che spesso le autorità cinesi fanno “sparire” dissidenti e democratici portati in carcere o agli arresti domiciliari, nel tentativo di impedire la protesta e il biasimo internazionale. E’ pure frequente che la polizia limiti la libertà di movimento e di comunicazione dei dissidenti dopo il loro rilascio per lunghe condanne detentive: le autorità dell’Hubei hanno tagliato la linea telefonica di Du Daobin, cyber-dissidente rilasciato la settimana scorsa dopo 3 anni di prigione per “sovversione”, e lo hanno ammonito di non scrivere articoli.