Il Paese vive una situazione di tensione interna e il risultato del voto è incerto. La divisione nella destra apre uno spiraglio alla coalizione guidata dall’ex generale Gantz. Il premier agita la minaccia iraniana ed Hezbollah. Ma su di lui grava l’ombra dell’inchiesta per corruzione. Il malcontento dei drusi, l’irrilevanza dei cristiani. Sparita la questione palestinese.
Gerusalemme (AsiaNews) - In Israele si vive una situazione “di forte tensione” all’interno del panorama politico; il risultato del voto è “quantomai incerto” e il premier uscente Benjamin Netanyahu gioca la carta della sicurezza per “assicurarsi un nuovo mandato”. È quanto racconta ad AsiaNews Sobhy Makhoul, della Chiesa maronita di Gerusalemme e amministratore del Christian Media Center, commentando la situazione in Israele a meno di un mese dalle elezioni politiche. “Il Primo Ministro - aggiunge - gioca sul ‘pericolo’ iraniano ed Hezbollah per mantenere la presa”.
Il 9 aprile il Paese è chiamato alle urne per le elezioni generali; in ballo la leadership del premier uscente, che rischia il processo per corruzione e frode. Netanyahu parla di “caccia alle streghe” e annuncia battaglia, dicendosi pronto a dimostrare nelle aule di tribunale la propria innocenza. Il Likud guarda con attenzione alla crescita nei sondaggi dell’alleanza rivale Blue and White, guidata dall’ex generale Benny Gantz. Sullo sfondo la questione palestinese e i crescenti problemi sociali.
Intanto nei giorni scorsi la Corte suprema israeliana ha bocciato la candidatura di Michael Ben-Ari, leader del partito della destra radicale Otzma Yeudit; alla base della decisione dei giudici, l’ideologia anti-araba del suo schieramento. Nella stessa sentenza, il tribunale ha ammesso invece al voto sia il concorrente Ofer Kassif sia la lista araba Balad-Ra’am.
Inoltre, secondo alcuni sondaggi il partito di governo Likud sarebbe in ritardo rispetto ai suoi principali concorrenti, che escono rafforzati dalla nuova alleanza che punta a scrivere la parola fine alla decennale leadership del Primo Ministro (e della destra). I rilevamenti effettuati da Channel 12 e 13 mostrano che il blocco formato dai partiti di centro Yesh Atid e Israel Resilience potrebbe conquistare 36 seggi (su un totale di 120) alla Knesset; il Likud oscilla fra i 26 e i 30.
Per formare il governo la coalizione vincente deve conquistare almeno 61 seggi.
“La coalizione Blue and White - spiega Sobhy Makhoul - unisce diverse anime riconducibili al centro e al centro-sinistra, nell’ottica di battere Netanyahu. Al contempo, il premier uscente deve fare i conti con il ritiro dal suo raggruppamento di due ministri, fra i quali il titolare del dicastero della Giustizia, che lo accusano di essere troppo ‘morbido’ verso i palestinesi”. La frattura all’interno della destra, aggiunge, potrebbe “giocare a favore” dello schieramento guidato da Gantz che può beneficiare “del sostegno di tutti i moderati”, ma i “giochi restano aperti e l’esito incerto”.
Netanyahu, prosegue il leader cristiano, “cerca di rispondere con forza, ostentando sicurezza, alle accuse di corruzione. Egli cerca di difendere la propria posizione, affermando che si tratta di fatti non veri”. Il rischio processo per corruzione “è uno dei temi della campagna elettorale”, ma “non sarà decisivo” anche perché l’interrogatorio di garanzia si terrà dopo il voto e “lui ricorda sempre che è indagato, ma non incriminato” e la questione emergerà in tutta la sua portata “solo in un secondo momento. Ecco perché è un elemento, fra i tanti, ma non un fattore decisivo”.
Il premier Netanyahu dovrà anche fare i conti con l’ostilità di arabi e soprattutto dei drusi, che “nonostante i 70 anni di fedeltà al Paese, si sono visti relegati a cittadini di seconda classe dalla nuova legge su Israele Stato-nazione”. Ecco perché, prosegue Sobhy Makhoul, egli “gioca sulla carta del pericolo esterno, della minaccia rappresentata da Iran e dal movimento sciita libanese Hezbollah. In realtà la situazione alla frontiera è abbastanza tranquilla, ma lui cerca di provocare, di innalzare la percezione del pericolo e della paura”.
Scomparsa dai radar, invece, la questione palestinese “di cui nessuno ne parla” conferma il leader cristiano. “Gaza è un tema relegato ai margini” prosegue, mentre la situazione economica “tutto sommato positiva, Israele sta bene grazie al lavoro, al turismo e ai pellegrinaggi, potrebbe giocare a favore del Primo Ministro uscente”. L’ago della bilancia, conclude, dovrebbe essere “i religiosi, che sembrano orientati a sostenere Netanyahu, mentre il fronte arabo al quale guardano i cristiani si è anch’esso diviso in due per divisioni e rivalità interne”.