Cancellata l’esibizione della tela “Quando bombardarono Bukhara”, del pittore pacifista Vjačeslav Akhunov. Truppe bolsceviche hanno bombardato la città uzbeka nel 1920. Timori di uno stop ordinato dalla Russia. Il ruolo di una agenzia ai diretti ordini di Putin.
Mosca (AsiaNews) – Per ragioni ancora sconosciute, le autorità uzbeke hanno cancellato l’esibizione al Museo statale delle arti del quadro del famoso pittore nazionale Vjačeslav Akhunov, “Quando bombardarono Bukhara”. L’opera d’arte era stata portata nella capitale Taškent lo scorso 25 marzo, proveniente da una collezione privata negli Usa. Doveva essere esposta nei giorni scorsi in occasione della cerimonia di scopertura del busto del poeta popolare Raufi Parfi.
Come ha detto Akhunov a Ozodlik, la direttrice del museo Vasilja Fajzieva non ha permesso la collocazione del quadro nella sala delle esposizioni. La tela a olio, della larghezza di sette metri e due metri di altezza, era già in attesa, impacchettata nel corridoio, ma Fajzieva si è limitata a dire che “non possiamo portarla nella sala”. Eppure la direttrice ha fatto esporre un altro quadro del pittore concettualista, il “Ritratto di Čulpan”, che raffigura lo scrittore di inizio Novecento Abdulakhmid Suleyman, profeta della rinascita culturale dell’Uzbekistan e di tutta l’Asia centrale, che aveva scelto come pseudonimo “Čulpan” (Stella del mattino).
Akhunov ha dipinto il trittico “Quando bombardarono Bukhara” nel 1987, dopo aver letto il libro “La guerra nelle canzoni. Materiali sulla storia della guerra civile”, che ricorda il periodo successivo alla rivoluzione del 1917, con il bombardamento ordinato dal leader bolscevico Frunze nel 1920. Il giovane pittore voleva quindi esprimere le sue sensazioni su quegli eventi, e il quadro è stato mostrato a settembre del 1988 nella galleria Zamon di Londra, di proprietà dell’Aga Khan, nel pieno della perestrojka gorbacioviana. Lo stesso Akhunov è stato per anni perseguitato in patria per le sue opinioni “troppo libere e pacifiste”.
Secondo l’autore, non si capisce bene il motivo del rifiuto, perché “non credo che di per sé faccia arrabbiare molto i russi, che pure hanno bombardato Bukhara, la santa ‘Bukhoroi Šarif’, una delle colonne asiatiche del mondo musulmano”, ricordando il termine proibito dai russi ancora nel 1913. Il ricordo deve essere diventato fastidioso nel momento della guerra in Ucraina, e questo quadro “ricorda che anche in passato i russi facevano cose simili”, osserva il pittore.
Poco tempo fa il vice direttore del museo delle arti di Taškent, Vladimir Ovčinnikov, ha ottenuto anche la cittadinanza russa, dopo aver lavorato per anni come dirigente del museo privato Veksel’berg a San Pietroburgo: una collezione delle uova pasquali decorative di Fabergè acquistate all’asta di Sotheby’s dall’oligarca Viktor Veksel’berg, noto come il “portafoglio di Putin” e vittima delle sanzioni occidentali. L’ombra del leader del Cremlino si allunga in questo modo anche in Uzbekistan.
Secondo le affermazioni del ministero Usa delle Finanze, che ha comminato la sanzione, Veksel’berg è molto attivo nella diffusione di meccanismi di “soft power” per sostenere la politica estera della Russia, e le sue manovre nel mondo dell’arte a livello internazionale sembrano essere un’espressione di questo tipo. Sui social uzbeki si sottolinea che Ovčinnikov è un membro dell’agenzia Rossotrudničestva, un’istituzione russa legata alla Comunità degli stati indipendenti, nella sezione dedicata all’Asia centrale.
Si tratta di un organo direttamente al servizio di Putin e del governo federale russo, dedicato alla difesa degli interessi dei connazionali russi e attivo in più di 80 Paesi del mondo, offrendo servizi e finanziando iniziative che aiutino l’affermazione dei principi e dei valori della Russia a livello internazionale. L’agenzia è essa stessa colpita dalle sanzioni dell’Unione europea e di diversi altri Paesi. Akhunov si chiede se il vice direttore sia un ‘relokant’, un russo fuggito per non essere coinvolto nell’operazione militare speciale, o un ‘gonet’, un agente del Cremlino inviato all’estero per vigilare sul comportamento dei compatrioti “fuori sede”.
Come ricordano diversi organi di stampa locali, su tutte l’agenzia Eltuz, il museo delle arti della capitale uzbeka non è nuovo agli scandali, fin dai tempi del primo presidente Karimov, quando è stato scoperto un traffico di opere d’arte trafugate e sostituite con oltre 300 falsi, e anche in questo caso “i contribuenti hanno il diritto di conoscere la verità sulle opere esposte e quelle vietate”.
Ovčinnikov si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni alla stampa in risposta a queste rimostranze, mentre Fajzieva ha poi aggiunto che il quadro non è stato esposto “per carenza di documentazione”, essendo arrivato in ritardo, come del resto il “Ritratto di Čulpan”.