Gli attacchi non frenano Seul e Tokyo nell'invio di truppe in Iraq

Seul (AsiaNews) – Il presidente Roh Moo-hyun ha condannato come "intollerabile gesto di terrore"  e come un "atto disumano" l'uccisione di due ingegneri sudcoreani nel Nord Iraq. Il suo governo ha detto che questo non fermerà il piano di invio di truppe in Iraq.

Domenica 30 novembre alcuni cecchini hanno sparato e ucciso due sudcoreani sulla strada vicino a Tikrit, a nord di Baghdad. Nell'attacco sono stati ferite altre due persone della Corea del Sud. I due uccisi sono Kim Man-soo, 46 anni e Kwak Kyong-hae, 61 anni. Uno dei feriti è in gravissime condizioni.

I 4 erano parte di un gruppo di 60 ingegneri inviati il mese scorso per costruire torri per la trasmissione di energia elettrica.

L'attacco a Tikrit, il primo contro sudcoreani, avviene proprio mentre il governo di Seul si appresta a inviare altre 3 mila truppe armate in Iraq, dove lavorano già alcune centinaia di medici e ingegneri dell'esercito. Ra Jong-il, consigliere per la sicurezza nazionale, ha dichiarato che l'attacco non avrà influenza sulla decisione del governo di inviare le truppe in Iraq. Finora non è stato decisa la data dell'invio.

Sabato scorso sono stati uccisi in Iraq  7 ufficiali spagnoli della sicurezza, 2 diplomatici giapponesi, due soldati americani e un civile colombiano.

I 7 spagnoli sono stati uccisi sulla strada da Baghdad a Hilla. Le televisioni arabe hanno mostrato una folla di irakeni danzare sui veicoli distrutti, violare i cadaveri e gridare slogan filo-Saddam. I due giapponesi sono stati uccisi mentre si recavano a un incontro per pianificare gli aiuti a Tikrit. Il colombiano è stato ucciso vicino a Baghdad.

Le violenze verso gli stranieri sembrano rispondere a un piano per spingere la coalizione a lasciare il paese.

Il governo giapponese rimane deciso a inviare militari in Iraq. Il primo ministro Junichiro Koizumi ha detto che il Giappone "ha una responsabilità ne dare aiuto umanitario e ad aiutare la ricostruzione dell'Iraq". Ma nell'opinione pubblica vi è resistenza. In una inchiesta telefonica pubblicata oggi dal Mainichi Shimbun mostra che il 43% dei giapponesi è contrario all'invio delle truppe, ma i motivi citati sono economici e non legati alla sicurezza.