Città del Vaticano (AsiaNews) - Alle 11 di questa mattina, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, Giovanni Paolo II si è incontrato con i 174 membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per lo scambio di auguri per il nuovo anno. Il discorso pronunciato dal Santo Padre è stata un occasione di verifica delle necessità più urgenti a cui, secondo la Santa Sede, la comunità internazionale deve fare attenzione.
Il Papa ha elencato diversi punti che minacciano la pace nel mondo: la situazione dell'Iraq; il conflitto israelo-palestinese; il terrorismo internazionale; il laicismo nemico dell'espressione religiosa. Ma il Papa ha mostrato anche la presenza di semi di pace: il martirio di mons. Michael Courtney, nunzio del Burundi; quello di Sergio Veira de Mello responsabile ONU ucciso a Baghdad; l'impegno continuo di cristiani di diverse confessioni a educare alla pace, alla giustizia e al perdono.
Il Papa ha anzitutto ringraziato il decano del Corpo Diplomatico, l'on. Giovanni Galassi, ambasciatore di San Marino, per il saluto rivoltogli e ha espresso "preghiera e affetto" per i popoli che gli ambasciatori rappresentano.
Parlando della pace minacciata nel Medio Oriente, Giovanni Paolo II ha precisato che la Santa Sede era stata contraria alla guerra in Iraq. Ma "ciò che importa oggi, egli ha aggiunto, è che la comunità internazionale aiuti gli irakeni, liberati da un regime che li opprimeva, perché siano messi nelle condizioni di riprendere in mano le redini del loro paese, consolidarne la sovranità, determinare un sistema politico ed economico in modo democratico, conforme alle loro aspirazioni e che l'Iraq possa ritornare ad essere collaboratore credibile della comunità internazionale".
Definendo il problema israelo-palestinese un "fattore di destabilizzazione permanente per tutta la regione" il Papa ha ricordato che "il ricorso al terrorismo, da una parte, e le rappresaglie, l'umiliazione dell'avversario, la propaganda odiosa dall'altra", non portano alcun frutto. E poiché la pace non è "semplice equilibrio di forze", una soluzione ci può essere solo nel "rispetto delle legittime aspirazioni gli uni degli altri; nel ritorno al tavolo delle trattative; nell'impegno concreto della comunità internazionale".
Il Papa ha anche ricordato "tensioni e conflitti" che insanguinano l'Africa che creano dolore nella popolazione, depauperamento delle risorse, sfilacciamento delle istituzioni; il tutto alimentato da un continuo commercio di armi.
All'interno di queste situazioni il Papa ha voluto rendere omaggio alla figura di Mons. Michael Courtney, nunzio apostolico in Burundi, ucciso "per aver voluto servire la causa della pace e del dialogo", e quella di Sergio Veira de Mello, Rappresentante Speciale dell'ONU in Irak, ucciso in un attentato terroristico a Baghdad. E proprio nella lotta al terrorismo il Papa ha chiesto la collaborazione di tutta la comunità internazionale: "Come non citare il terrorismo internazionale che, seminando la paura, l'odio e il fanatismo, disonorano tutte le cause che esso pretende servire? Non mi accontento solo di dire che ogni civiltà degna di questo nome suppone il rifiuto categorico dei rapporti di violenza. E per questo ha detto il Pontefice non potremo mai rassegnarci ad accettare passivamente che la violenza tenga in ostaggio la pace!". Per giungere a una sicurezza collettiva più efficace, ha precisato Giovanni Paolo II, occorre ridare all'ONU il posto che le compete.
Il Papa ha poi parlato del contributo che tutti i credenti danno all'opera della pace, in quanto « testimoni di un Dio di giustizia e di pace. Essi sono un grande "capitale nell'edificazione di un mondo pacifico e pacificato". Proprio per questo il Pontefice ha messo in guardia soprattutto alcuni paesi europei dall'attuare un laicismo nocivo dell'espressività religiosa. Si legge qui la preoccupazione verso le scelte della Francia a negare "l'ostentazione di simboli religiosi appariscenti"; le polemiche in Italia sull'esposizione dei crocifissi; l'ingerenza del governo svedese sui riti della circoncisione ebraica., ma anche la pretesa di eliminare i credenti dal dibattito politico e da tematiche come l'eutanasia e la fecondazione degli embrioni.
"Si invoca dice il Papa il principio della laicità, in sé legittimo, in quanto distinzione fra comunità politica e le religioni (cfr. Gaudium et Spes n. 76). Ma distinzione non vuol dire ignoranza! La laicità non è laicismo! Essa non è altro che il rispetto di tutte le credenze da parte dello stato, che assicura il libero esercizio delle attività cultuali, spirituali, culturali e caritative delle comunità credenti. In una società pluralista, la laicità è il luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e la nazione".
Augurandosi "un sano dialogo fra lo stato e le chiese", il Papa ha ricordato un frutto fresco del laicismo: l'esclusione delle "radici cristiane" dalla costituzione europea, frutto di una rilettura della storia "attraverso il prima di ideologie riduttrici". In tal modo si è voluto dimenticare il contributo cristiano all'Europa "affermatasi" nello stesso tempo in cui "veniva evangelizzata", e il contributo di tanti cristiani alla caduta dei regimi autoritari nell'Europa dell'Est.
Il messaggio del Papa si conclude con un appello all'ecumenismo e al dialogo fra i cristiani. Esso non va praticato solo come obbedienza al comando di Cristo per l'unità , ma anche "per indicare ai responsabili delle nazioni le risorse a cui è possibile attingere" per costruire la pace. Insomma: ecumenismo come strada per contribuire da cristiani all'educazione alla pace.