Banca Mondiale: all'Iraq il primato per la crescita economica 2004

Baghdad (AsiaNews) - Nel 2004 l'economia irachena metterà a segno un rimbalzo astronomico con una crescita del 33 % del Prodotto Interno Lordo. L'affermazione è della Banca Mondiale, ma l'ottimismo sull'economia irachena, dopo 2 anni di declino, è condivisa anche da altre fonti. Una rivista bimestrale del gruppo Dow Jones ( "Iraq Reconstruction Report", Rapporto sulla Ricostruzione Irachena), afferma che l'Iraq potrebbe essere quest'anno il paese con la maggiore crescita economica al mondo.

Le prospettive a breve termine sono incoraggianti: "Proprio ora – si legge nel rapporto - milioni di iracheni stanno comprando il loro primo telefono cellulare, parabole satellitari, televisioni, lavatrici, condizionatori d'aria, automobili e così via. Le imprese stanno comprando i loro primo computer, macchine escavatrici ed ogni sorta di bene strumentale".

Anche il "Comitato sulle Relazioni Estere" (il Council on Foreign Relations o CFR, un influente organismo espressione dell'élite statunitense) afferma che c'è "un progresso significativo" nella ricostruzione e nella transizione politica.

L'economia irachena è valutabile tra i 17 e i 22 miliardi di dollari;  per dimensioni è paragonabile a quella del piccolo Granducato del Lussemburgo. Come è ovvio, la dimensione effettiva del PIL iracheno questo anno dipenderà dal livello di produzione ed esportazione della sua maggiore risorsa, il petrolio. Le previsioni della Banca Mondiale si attueranno se vengono raggiunti i livelli dell'anteguerra e cioè 2,7 milioni di barili al giorno di produzione e 2,3 milioni di b/g di esportazione.

Il petrolio e le relative esportazioni non potranno però sopperire alle totalità di fondi necessari per la ricostruzione. Secondo le ipotesi della Banca Mondiale, il petrolio dovrebbe fornire al paese ricavi per circa 13,5 miliardi di dollari. La differenza dovrebbe essere fornita dagli aiuti internazionali per la ricostruzione dell'Iraq. Il totale degli aiuti internazionali promessi ha finora raggiunto 59 miliardi di dollari, distribuiti su vari anni, e per 28 miliardi tale totale è stato formalizzato un impegno. Gli Stati Uniti quest'anno contano di sostenere progetti per la ricostruzione dell'Iraq per un ammontare di 18 miliardi di dollari. Secondo James Schlesinger, ex ministro della difesa americano e copresidente del CFR,  il totale della spesa non militare statunitense sarà di 100 miliardi di dollari.

La Banca Mondiale basa il suo ottimismo anche su alcune significative riforme economiche varate in Iraq: "la liberalizzazione dei prezzi, la semplificazione delle tasse, l'abolizione delle tariffe e la decisione di introdurre un'aliquota doganale fissa del 5 % su tutte le importazioni". Dai dazi doganali sono stati esentati cibo, medicine, abbigliamento e libri. La riforma valutaria ha generato un miglioramento del 25 % del tasso di cambio del dinaro iracheno rispetto al dollaro.

Dal punto di vista sociale, il "Rapporto sulla Ricostruzione Irachena" riconosce che gli iracheni sono molto poveri e che la disoccupazione è altissima, ma si sta rapidamente formando una classe media che ha tratto benefici dalla caduta di Saddam Hussein; dagli appalti per la ricostruzione irachena ci si attende la produzione di molti posti di lavoro. Intanto imprese americane e di altri paesi si affrettano per ottenere contratti dall'Autorità Provvisoria della Coalizione: anche da essi verranno occasioni di occupazione per gli iracheni.