Festa di Al Qods: sciiti divisi nell'appoggio agli americani

Baghdad (AsiaNews) – Per la prima volta dai tempi di Saddam Hussein, ieri, fine del Ramadan, l'Iraq ha celebrato la giornata mondiale per la "liberazione" di Gerusalemme. Questa celebrazione era stata lanciata dall'Imam Khomeini nel 1979 e fissata per l'ultimo venerdì del Ramadan. La festa è sempre servita per ricordare ai musulmani che Gerusalemme (Al Qods) è un luogo che appartiene alla religione islamica e che bisogna riportarla nelle mani della comunità islamica (Umma). La festa è anche servita per manifestare solidarietà verso i palestinesi e l'Intifada.

Durante il regime di Saddam Hussein, la festa di Al Qods era proibita. Ieri sono apparse le immagini della Moschea della Roccia, sulla spianata del Tempio a Gerusalemme, ma soprattutto, per la prima volta, nelle vie di Baghdad e di Najaf,  sono apparse le effigi del defunto Ayatollah  Khomeini. I discorsi dei predicatori nelle varie mosche del paese mostrano una comunità sciita divisa fra il fondamentalismo e moderazione, appoggio agli americani e opposizione. Nella città santa di  Najaf, l'Imam Sadr El-Din Al Kabnagi, ha chiesto ai paesi arabi di riconoscere il Consiglio Governativo Provvisorio voluto dalle truppe alleate. L'imam si è detto stupito che "i paesi una volta amici dell'opposizione [a Saddam] e del popolo iracheno "ritardano la decisione".

Nella città di Kufa, davanti a migliaia di persone, il leader sciita Muktada Al Sadr ha invece criticato  il governo degli Stati Uniti definendolo " Il Grande Satana".  Riferendosi all'ex-regime iracheno, lo ha definito "il Piccolo Satana",  con gli stessi termini una volta usati dall'Ayatollah Khomeini.

Mentre lo sciismo irakeno alza i toni anti-americani, dall'Iran giungo toni più pacati.

Anche a Teheran, migliaia di persone hanno partecipato alla giornata di Al-Qods.  Fra tutti, vale la pena citare le parole dell'ex- Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran, Ali Akbar Hashemi Rafsanjiani, una volta grande alleato di Khomeini e acceso oppositore di Israele. Egli ha detto di non far più parte "di coloro che vogliono gettare gli ebrei in mare. Ormai gli ebrei ci sono ed è un dato di fatto ed hanno diritto di stare in Israele". Egli ha però sottolineato che "anche i profughi palestinesi hanno il diritto di far rientro in patria e di viverci". La questione sul diritto di ritorno per i palestinesi della diaspora è uno dei punti spinosi nei colloqui fra Autorità palestinese ed Israele. (PB)