Parenti dei minatori: a Xintai è stato “omicidio”
Procede con lentezza il pompaggio dell’acqua dalle miniere allagate. Intanto le autorità continuano a negare notizie a parenti e giornalisti. Alcuni parenti accusano: quando i minatori sono scesi gli argini già si erano rotti. I riflessi politici a Pechino.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Procede con lentezza il soccorso per i 181 minatori intrappolati sotto 12 milioni di metri cubi d’acqua nelle due miniere di carbone di Xintai (Shandong). Le autorità si preoccupano di evitare qualsiasi notizia non ufficiale, mentre i parenti iniziano a dire che i minatori “sono stati uccisi”.

Alla miniera di Huayuan ieri sono stati pompati fuori solo 2 o 3 metri d’acqua delle centinaia che seppelliscono i dispersi. Hanno lavorato solo 5 pompe e altre 5 saranno all’opera non prima di domani, una settimana dopo il disastro. La lentezza delle operazioni irrita i familiari, già esasperati per il sistematico rifiuto delle autorità di dar loro qualsiasi notizia precisa. Invece a molti le autorità hanno mandato frutta e alimenti e anche un poco di denaro.

Wang Dongjiang è stato tutti i giorni a chiedere notizie del fratello minore Wang Dongshen e non ha mai ricevuto risposte precise. Qualcuno addita con amarezza e ira uno striscione rosso posto sopra l’ingresso meridionale del complesso, che dice “il Cielo non ha pietà, ma noi ti amiamo e il Partito comunista ti ama ancora di più”.

Li Mingzhen, cognata di un altro disperso, dice al quotidiano South China Morning Post che a casa le è arrivata una comunicazione ufficiale sullo stato delle ricerche ma nemmeno l’ha letta, “perché è destinata ai media e al governo, non a noi, gli unici che soffriamo”. Vuole dimostrare che quando i minatori sono stati mandati là sotto, il fiume Wen già aveva rotto gli argini, per cui “questi minatori sono stati uccisi” dai funzionari.

Invece le autorità anche ieri sono state molto efficienti nel controllare i giornalisti presenti, che ammoniscono di non intervistare le famiglie e di riportare le dichiarazioni ufficiali. Molti parenti rifiutano di parlare per paura delle “conseguenze”. Decine di guardie private vigilano l’ingresso della miniera.

Tra molti osservatori si diffonde l’impressione che il recupero dei dispersi sia subito apparso impossibile e che le autorità abbiano alzato una barriera di disinformazione anche confidando che il tempo esaurisca la rabbia dei parenti e l’attenzione pubblica.

Ma per Pechino il disastro ha anche grande rilievo politico, in vista del Congresso nazionale del Partito comunista previsto in autunno, dopo che da anni i leader si sono impegnati a garantire la sicurezza nelle miniere. Nel 2007 una serie di incidenti mortali ha, invece, dimostrato l’insufficienza delle iniziative adottate e ha creato ragioni di instabilità sociale.