I dubbi dei cattolici sulla morte di mons. Han Dingxian, vescovo sotterraneo di Yongnian
Per alcuni il suo caso ricorda quello di altri vescovi torturati in prigione, morti e poi sepolti in fretta. Per altri l’atteggiamento della polizia si spiega con la preoccupazione di evitare assembramenti e raduni vistosi.

Roma (AsiaNews) – Fra i cattolici cinesi dell’Hebei si diffonde la preghiera per la morte di mons.Giovanni Han Dingxian, vescovo sotterraneo di Yongnian, morto il 9 settembre scorso. Ma serpeggia anche malcontento e dolore sul modo in cui la salma è stata trattata. A poche ore dalla sua morte (avvenuta alle 11 di sera), al mattino presto, la salma è stata subito cremata e seppellita in un cimitero pubblico, senza possibilità per fedeli e sacerdoti di poterlo vedere, salutare e benedire.

Per alcuni questo è il segno che la polizia “temeva la sua morte e voleva coprire delle prove”; per altri è solo un segno che la polizia voleva evitare celebrazioni pubbliche troppo vistose della Chiesa sotterranea.

Il comunicato della diocesi di Yongnian non ha note polemiche sulla dinamica morte del vescovo. Esso sottolinea che mons. Han ha passato quasi 35 anni della sua vita in prigione e chiede a tutti i cattolici di pregare per lui, definito “modello di fede e pastore” per tutta la Chiesa.

Un fedele dell’Hebei spiega che secondo lui la fretta della polizia di cremare e seppellire la salma rivela la preoccupazione di non volere assembramenti o celebrazioni vistose da parte della Chiesa sotterranea, sui cui poi le forze dell’ordine avrebbero dovuto intervenire (essendo illegali).

Altri cattolici ammettono che “ il vescovo era ammalato di cancro” ma si domandano: “perchè hanno immediatamente cremato il corpo?”. Essi ricordano vari casi simili: anzitutto il caso di mons. Giovanni Gao Kexian, vescovo non ufficiale di Yantai (Shandong), morto la sera del 24 gennaio 2005 in un ospedale della città di Bingzhou (Shandong). Il vescovo era prigioniero della polizia da oltre 5 anni. Il giorno dopo il vescovo è stato immediatamente cremato e seppellito alla presenza di alcuni poliziotti. Come per mons. Han, a nessun fedele o familiare è stato permesso di partecipare. Anche il vescovo Gao è morto senza alcun conforto religioso, né benedizione della salma.

Anni prima, nell’aprile ’92, vi è stato il caso di mons. Giuseppe Fan Xueyan, vescovo sotterraneo di Baoding, morto in prigione. Il suo cadavere, lasciato sulla soglia di casa sua, avvolto in un sacco di plastica, presentava segni di tortura al collo (forse un filo di ferro che lo strozzava) e aveva diversi larghi ematomi al petto e sulla fronte.

Un altro caso ricordato dai cattolici è quello di mons. Liu Difen, vescovo sotterraneo di Anguo (Hebei), anch’egli morto nel ’92, dopo un periodo passato in prigione. La polizia ha avvertito i parenti  di andare a visitarlo all’ospedale perché il vescovo era “molto malato”. Subito dopo la visita, il vescovo è morto. La salma è stata riconsegnata ai parenti e questi, preparando il cadavere per il funerale si sono accorti che il corpo del vescovo presentava “due buchi alla schiena, in cui si poteva infilare il dito: un segno che egli era stato torturato”.

La Cina è stata spesso condannata dalla comunità internazionale per la pratica della tortura nel mondo poliziesco. Manfred Nowak, investigatore capo dell'Agenzia Onu sulle torture, ha confermato in un suo rapporto del 2006 l'uso "diffuso della tortura in tutta la Cina", chiedendo il "rilascio immediato di chi è in carcere per aver esercitato il diritto alla libertà religiosa o di parola".

In Cina vi sono leggi che proibiscono la tortura, ma essi spesso rimangono lettera morta.

Nel 2004 il Ministro della Pubblica sicurezza ha varato un Regolamento che rende i poliziotti responsabili per le morti di persone detenute.

Nella foto: mons. Han Dingxian al lavoro nel suo ufficio.