Pechino “ha paura del Dalai Lama: ecco perché protesta”
di Nirmala Carvalho
Secondo Penpa Tsering, direttore del Centro tibetano per la ricerca politica e parlamentare, le polemiche scatenate dalla Cina sull’incontro fra il leader tibetano ed il presidente Bush nascono dalla paura che il regime comunista prova nei confronti dell’influenza sulla sfera internazionale del Dalai Lama.
Dharamsala (AsiaNews) – Le proteste cinesi all’incontro fra Bush ed il Dalai Lama “non sorprendono, dato che si ripetono in ogni occasione ufficiale in cui il leader buddista viene coinvolto”, ma “sono un indicatore, di quanto Pechino ha paura dell’influenza sul piano internazionale della nostra guida”. Penpa Tsering, direttore del Centro tibetano per la ricerca politica e parlamentare, commenta così ad AsiaNews le polemiche scatenate dall’incontro fra il Nobel per la pace ed il presidente americano Bush, avvenuto ieri.
 
Pechino ha minacciato ieri gli Stati Uniti di “gravi conseguenze” a seguito del colloquio, dato che “le parole e le azioni del Dalai Lama negli ultimi decenni mostrano che si tratta di un rifugiato politico impegnato in attività secessioniste sotto la copertura religiosa”. Washington non ha ceduto al ricatto, ed ha sottolineato la natura “privata” dell’incontro, che si è svolto come programmato. Oggi, inoltre, il Congresso Usa conferirà al leader buddista la medaglia d’oro, maggiore riconoscimento civile statunitense.
 
I tibetani, riprende Tsering, “sono felici ed onorati per questo riconoscimento: non abbiamo alcun problema con le minacce cinesi, che si ripetono come un ritornello ogni volta che si parla della nostra guida”. Per risolvere la questione tibetana, però, “non sarebbe opportuno boicottare i Giochi olimpici, come ventilato da alcuni esponenti della politica europea: la Cina si deve aprire alla libertà religiosa, e chiudere i contatti con il Paese non servirebbe a nulla”.
 
E’ tuttavia “fondamentale far sentire una forte pressione al regime comunista, che non può continuare ad appoggiare indisturbata Stati criminali come il Myanmar e la Corea del Nord. Il Dalai Lama insegna che la non violenza ed il dialogo sono le uniche basi su cui poggia il cambiamento degli animi e, quindi, delle nazioni. Usando questi metodi, siamo convinti che finirà anche la repressione cinese del Tibet”.