Prosegue il Congresso, parole sulla democrazia per un finto voto segreto
Proposto un metodo “democratico” per eleggere il Comitato centrale del Pc con voto segreto. Ma esperti osservano che i leader controllano comunque la scelta dei candidati. Un delegato: la democrazia “avrebbe impedito la Rivoluzione culturale”. Intanto la polizia pesta di nuovo un cristiano dissidente.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Si parla di democrazia e di voto segreto al 17° Congresso nazionale del Partito comunista, ma in realtà nulla cambierà. Ieri i 237 membri del presidium del hanno deciso che il nuovo Comitato centrale sarà eletto dai delegati in modo democratico con voto segreto su una lista di candidati. Ora la proposta dovrà essere approvata dagli oltre 2.200 delegati.

Però Ouyang Song, vicepresidente del Dipartimento organizzativo del Comitato centrale, ha subito precisato che “il metodo elettorale deve ancora essere deciso”. Osservatori ipotizzano che il metodo non dovrebbe essere molto diverso da quanto fatto sin dal 13° Congresso nel 1987: nel 2002 i 198 membri del Comitato sono stati scelti da una lista di appena 208 candidati, ovvero superiore di circa il 5%. Così da garantire ai leader il controllo dei risultati e la scelta degli eletti.E il presidium ha già stilato, ma non resa nota la lista dei candidati, che nei prossimi giorni sarà sottoposta ai delegati per una prima approvazione, cui seguirà la votazione finale.

Il Comitato sceglie poi il Politburo, in genere di 24 membri.

Al di là delle decisioni effettive, è comunque significativa l’insistenza di molti delegati sulla necessità di riforme democratiche. Ieri Li  Yuanchao, segretario del Pc dello Jiangsu ritenuto un leader emergente, ha detto ai giornalisti che se la Cina avesse avuto la democrazia avrebbe evitato la Rivoluzione culturale, o almeno sarebbe stata molto meno lunga e drammatica. La Rivoluzione culturale è stata lanciata nel 1966 dall’allora presidente Mao Zedong per eliminare i rivali politici, ma fu una tragedia che in 10 anni ha causato milioni di morti e il crollo dell’economia.

Ma mentre si discute di democrazia, prosegue la repressione contro i dissident. Proprio ieri l’attivista per i diritti e leader della chiesa domestica Hua Huiqi è stato pestato dalla polizia a Pechino, per la seconda volta in una settimana, quando ha cercato di allontanarsi da casa, dove è agli arresti domiciliari sotto costante controllo della polizia almeno fino alla fine del Congresso.