La giunta birmana resiste: la missione di Gambari rischia il fallimento
Than Shwe si rifiuta di incontrare l’inviato Onu; i militari rifiutano un incontro a tre con Aung San Suu Kyi. La Lega nazionale per la democrazia chiede di vedere Gambari. La repressione continua.

Yangon (AsiaNews) – La strategia dell’Onu verso la giunta birmana sembra raccogliere poco successo. L’inviato Ibrahim Gambari attende ancora di essere ricevuto dal generalissimo Than Shwe, mentre un portavoce dei militari ha escluso la possibilità di un incontro a tre fra la leader democratica Aung San Suu Kyi, i membri della giunta e l’inviato Onu.

Ieri a New York, il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha dichiarato la sua preoccupazione “per la mancanza di progresso” della missione.

È la seconda volta che Gambari si reca a Yangon, dopo la feroce repressione della giunta ai danni della popolazione e dei monaci buddisti che nei mesi scorsi hanno dimostrato in diverse città contro l’aumento dei prezzi e per la democrazia.

La “mancanza di progresso” è denunciata anche dalla giunta. Il ministro dell’Informazione Kyaw San ha spiegato la resistenza dei militari a fare qualche passo, accusando il poco “progresso” fatto dall’Onu nel frenare denunce e sanzioni da parte della comunità internazionale.

Secondo la giunta, anche Aung San Suu Kyi ha fatto “pochi progressi”, perché – a loro parere – la “Signora” è ancora favorevole alle sanzioni economiche contro il Myanmar, dimostrando poco “patriottismo”.

Intanto, nella ex capitale, membri della Lega nazionale per la democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi, chiede con insistenza di poter incontrare Gambari. Secondo il portavoce Nyan Win, è giusto che la Lega, maggior partito di opposizione - e vincitore delle elezioni del ‘90, mai riconosciute dalla giunta – partecipi ai dialoghi per la riconciliazione nazionale.

Unico elemento positivo di  questi giorni: il governo militare si è accordato con l’inviato Onu per i diritti umani, Paulo Sergio Pinheiro, per una sua visita nel Paese, che avverrà dall’11 al 15 novembre. Da parte sua, Gambari ha detto che egli continuerà a rimanere in Myanmar finché non si trovi una via di uscita dalla crisi.

Intanto militari e polizia continuano la campagna repressiva contro la popolazione che ha partecipato o sostenuto le manifestazioni dei monaci in settembre ed ottobre. Nove musulmani di Yangon sono stati arrestati e condannati per “incitamento a rivolta contro lo Stato”. Il gruppo aveva solo offerto dell’acqua ai monaci che manifestavano per le strade.