Chiede al Partito riforme politiche, condannata ai lavori forzati
Liu Jie è stata condannata ieri senza processo a 18 mesi di lavori forzati in una fattoria dell’esercito. All’inizio di ottobre, aveva lanciato la lettera pubblica firmata da 12.150 persone per chiedere al Congresso comunista riforme politiche e legali.
Beian (AsiaNews) – L’Ufficio di pubblica sicurezza della provincia settentrionale dell’Heilongjiang ha condannato ieri Liu Jie, attivista per i diritti umani, a 18 mesi di rieducazione tramite il lavoro per “aver istigato rivolte” ed “aver disturbato l’ordine sociale”. Lo denuncia la Commissione cinese per la difesa dei diritti umani.
 
Liu, 55 anni, è stata una delle principali organizzatrici della lettera pubblica (firmata da 12.150 persone) inviata all’inizio di ottobre al Congresso del Partito comunista per chiedere riforme politiche e legali.
 
La polizia l’ha arrestata il 13 ottobre scorso, con l’accusa di “voler radunare una folla per disturbare l’ordine sociale”. Il 26 ottobre, gli agenti hanno comunicato al marito che la Liu sarebbe stata liberata il 12 novembre. Quando si è recato davanti alla prigione, l’uomo ha scoperto che la moglie era stata condannata a lavorare in una fattoria dell’esercito.
 
Un attivista, che ha seguito il caso, spiega: “Quando le autorità non hanno prove contro gli accusati, come in questo ed in tanti altri casi, gettano le persone nei laogai [campi di lavoro ndr] senza alcuna procedura legale”. In effetti, il diritto penale cinese prevede la possibilità di comminare “pene preventive”, della durata di massimo 4 anni, senza necessità di processo.