La scuola, per la Chiesa campo privilegiato di missione per “insegnare” un progetto di vita
Un documento vaticano sottolinea l’importanza della formazione dei giovani. Un impegno che nel mondo si concretizza in 250mila istituti con 42 milioni di allievi, anche in Paesi ove non c’è libertà religiosa o in aree economicamente e socialmente svantaggiate.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Del campo “davvero immenso” dell’educazione – nel mondo più di un miliardo di ragazzi in età scolare, 58 milioni di insegnanti, a cui va aggiunto il personale non docente – fanno parte oltre 250mila scuole cattoliche con circa 42 milioni di allievi. E’ una realtà che nel solo continente asiatico coinvolge 10 milioni di studenti e che da sempre rappresenta un campo d’azione privilegiato della Chiesa cattolica, come conferma la pubblicazione, oggi, del documento “Educare insieme nella scuola cattolica. Missione condivisa di persone consacrate e fedeli laici”, curato della Congregazione per l’educazione cattolica (dei seminari e degli istituti di studi).
 
“Il disinteresse per le verità fondamentali della vita umana, l’individualismo, il relativismo morale e l’utilitarismo”, ma anche il crescente “divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri” e l’aumento delle migrazioni, o i ”problemi di stabilità della famiglia” sono fenomeni caratteristici della nostra società. In questo contesto, afferma il documento, “diventa particolarmente urgente offrire ai giovani un percorso di formazione scolastica” che “non si riduca alla fruizione individualistica e strumentale di un servizio solo in vista di un titolo da conseguire”, ma dia l’opportunità di incontrare “una vera comunità educativa, costruita sulla base di valori progettuali condivisi”. E la scuola cattolica rappresenta “un luogo privilegiato” per formare le coscienze, per indicare un valido modello di vita, da seguire “per la costruzione di un mondo fondato sul dialogo”. Ed al tempo stesso essa è “una comunità educativa in cui la comunione ecclesiale e missionaria matura in profondità e cresce in estensione”.
 
Illustrando il documento, il card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, ha sottolineato che la globalizzazione - “il fenomeno più significativo” del panorama odierno – “non è solo economica, ma anche culturale, politica ed educativa. Esso favorisce l’incontro e lo scambio tra i singoli popoli, ma può produrre pericolose omologazioni culturali, un certo colonialismo culturale”. Accanto a questo genere di problemi, nel mondo odierno della scuola si assiste, inoltre, “ad una perdita di senso dell’educazione, strettamente legata allo smarrimento dei valori, soprattutto di quelli che sostengono le scelte di vita: la famiglia, il lavoro, le scelte morali. Così l’educazione soffre anch’essa dei mali che affliggono le nostre società: il diffuso soggettivismo, il relativismo morale ed il nichilismo”. Di fronte a tutto questo, come si legge nel documento, “l’esperienza formativa della scuola cattolica costituisce un formidabile argine contro l'influsso di una diffusa mentalità che induce, soprattutto i più giovani, a considerare la propria vita come un insieme di sensazioni da sperimentare anziché come un'opera da compiere”. “E, al contempo, essa contribuisce a formare personalità forti, capaci di resistere al relativismo debilitante e di vivere coerentemente” con la propria fede.
 
Libano, India, Tailandia, Nepal, Terra Santa sono alcune delle realtà del continente asiatico che sono state portate ad esempio da mons. Angelo Vincenzo Zani, sotto-segretario della Congregazione, che ha sostenuto che “la scuola cattolica opera in tutte le aree geografiche, anche in quelle dove non c’è la libertà religiosa, o che sono socialmente ed economicamente più svantaggiate, con una stupefacente capacità di rispondere alle emergenze e ai bisogni formativi, nonostante talvolta vi siano grandi difficoltà”. E si rivolge a tutti.
 
Così, ad esempio, in Libano, il suo programma ha come obiettivo principale di portare i giovani al dialogo e alla collaborazione tra musulmani e cristiani. “Dei 210mila alunni delle scuole cattoliche, appartenenti alle 18 confessioni religiose presenti nel Paese, il 63% sono cattolici, il 12,6% cristiani di altre confessioni, e il 24,4% non cristiani, per la maggior parte musulmani. In alcune aree del Paese i non cattolici sono il 99% degli allievi delle scuole cattoliche”. In Terra Santa(Israele, Territori palestinesi, Giordania) “su circa 11 milioni di abitanti solo 280mila sono cristiani, di cui 140mila cattolici. Le scuole cattoliche sono frequentate dal 55% di cristiani e dal 45% di non cristiani, per lo più musulmani, ma anche da alcuni ebrei”. Mons. Zani ha portato due esempi: “a El Mutran Nazareth c’è la Scuola di San Giuseppe che ha circa 1.200 allievi cristiani e musulmani. Fondamento del progetto educativo è l’educazione alla pace, apprendendo a vivere insieme e accettando le differenze”. A Gerusalemme c’è lo Schmidts Girls College, fondato nel 1886, destinato alla gioventù femminile; esso ha 5mila allieve tra i 4 e i 19 anni, di cui i due terzi sono di religione islamica.
 
Ancora, in Nepal, “dove la maggioranza della popolazione è induista, i cattolici sono appena 6mila su 23 milioni di abitanti. Nel 2004 il re assegnò un premio di benemerenza a due missionari per il loro impegno nel campo dell’istruzione: la preside della scuola St. Mary e il fondatore del St Xavier College, l’unico collegio cattolico in Nepal”. In India “ci sono 7 milioni di studenti nelle scuole cattoliche: la percentuale degli studenti cattolici è solo del 22,7%, il 5,6% sono di altre confessioni cristiane, mentre il 53% sono induisti, l’8,6% mussulmani e il 10,1 di altre credenze. Il 45,1% delle scuole sono gestite dalle diocesi e le restanti da congregazioni religiose”.
 
Dal canto suo, il card. Grocholewski ha ricordato alcune esperienze che ha conosciuto personalmente, come quella tailandese. “In Thailandia – ha detto – ci sono 297mila cattolici, meno dello 0,5 per cento della popolazione, sono di più gli alunni delle scuole cattoliche: quasi 400mila”.