Nuovo giro di vite di Damasco contro il dissenso interno
Arrestati attivisti per i diritti e oppositori del governo e persino chi lo critica su internet. Oscurato un sito web. Dopo il forum di Annapolis, il presidente Assad appare voler stroncare ogni critica. Analisti: รจ segno che controlla il potere interno, ma anche indice di debolezza.

Damasco (AsiaNews/Hrw) – Damasco vuole reprimere ogni dissenso contro il presidente Bashar al-Assad e dal 9 dicembre ha arrestato oltre 30 attivisti politici. La gran parte sono stati interrogati e poi rilasciati, ma alcuni noti leader dell’opposizione sono in carcere dal 14 dicembre.

Il 17 dicembre Human Rights Watch ha lanciato un appello per l’immediata liberazione di Ahmad Tohme, Jabr al-Shoufi, Akram al-Bunni, Fida’ al-Hurani e Ali al-Abdallah, detenuti senza accuse né spiegazioni. In seguito è stato arrestato anche Walid al-Bunni, fratello di Akram. Hanno partecipato il 1° dicembre a una riunione di oltre 160 persone (comunisti, islamici, curdi, ex membri del Partito Baath) firmatarie della Dichiarazione di Damasco, che chiede la fine della legislazione d’emergenza e la libertà di parola e di attività politica. Le leggi d’emergenza (in vigore da 44 anni) proibisconol'esistenza di  qualsiasi gruppo politico non collegato al governativo Partito Baath. Ma, in sfida al governo, i dissidenti hanno formato un Consiglio Nazionale, con un presidente e un comitato direttivo. Di recente la polizia ha iniziato ampie operazioni per reprimere il dissenso: a novembre ha chiuso il sito online Facebook, che ha ospitato un acceso dibattito su Bashar al-Assad.

Analisti notano che questa operazione avviene dopo la partecipazione della Siria al forum di Annapolis sulla pace in Medio Oriente, considerata un segno di disgelo tra Damasco e gli Stati Uniti.

Ma Nadim Houry di Hrw osserva che “le aperture della Siria all’Occidente non hanno mai portato miglioramenti per la situazione dei diritti umani”. Ahed al-Hendi e Muhammad al-Abdallah, pure partecipanti alla protesta del 1° dicembre, sono fuggiti a Beirut. Hendi osserva che il governo “è così debole che ha paura di un sito internet”. Il giornalista Akram al-Bunni, arrestato il 10 dicembre e fratello di un difensore dei diritti umani già in carcere, ha proprio scritto della “bancarotta morale” del governo di Assad, preoccupato di “impedire di vedere che ci siano personaggi alternativi al regime”.

Ma analisti ritengono che “l’opposizione non è una minaccia” per un governo che controlla società e polizia e che Assad ha comunque consolidato il potere interno rispetto al 2000, quando assunse la presidenza, ma dovette concedere maggior libertà d’opinione e sociale. Nel 2007 è stato arrestato persino chi sui siti web ha fatto commenti ritenuti “sovversivi”.

Sarah Leah Whitson, direttore di Hrw per il Medio Oriente, osserva che “il governo siriano afferma che vuole impegnarsi con la comunità internazionale, ma si preoccupa soltanto di reprimere i critici interni”, trattando come “criminale” chi “chiede cambiamenti democratici e pacifici".