Cresce, ma di meno, l'avanzo commerciale della Cina
Nel 2007 il surplus è cresciuto di quasi il 50% ed è ora di 262 miliardi di dollari. Ma a novembre e dicembre è cresciuto meno dei mesi precedenti, mentre aumentano rapide le importazioni. Esperti: le minori esportazioni possono essere compensate dall’aumento del consumo interno.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il surplus negli scambi commerciali a favore della Cina verso gli altri Paesi è cresciuto del 47,7% nel 2007, giungendo a 262,2 miliardi di dollari. A dicembre è aumentato di 22,7 miliardi, anche se analisti notano un’inversione di tendenza, dato che le importazioni stanno crescendo più rapidamente delle esportazioni e che nei mesi precedenti il disavanzo a favore di Pechino era stato maggiore (+24,5 miliardi a novembre e +27 miliardi nel mese record di ottobre).

Verso l’Unione europea il disavanzo è cresciuto di oltre il 46% fino a 134,3 miliardi, mentre con gli Stati Uniti è aumentato “solo” del 19%, a 163 miliardi. L’export cinese è stato di 1,2 trilioni di dollari (+25,7%), mentre le importazioni sono state pari a 955,8 miliardi.

L’Amministrazione cinese alle dogane ha commentato che ciò dimostra che “la politica di controllo commerciale ha dato iniziali risultati, si sta contenendo il precedente rapido aumento del surplus commerciale”.

Tuttavia altri esperti osservano che negli ultimi mesi su questo riavvicinamento degli scambi ha influito l’aumento del prezzo del petrolio. Rilevano che le esportazioni cinesi sono state pure ostacolate da ripetute doglianze sulla sicurezza dei prodotti, quali giocattoli, dentifricio e alimenti.

Da tempo Pechino introduce misure per contenere il surplus - che crea una grande liquidità monetaria interna con forti spinte inflattive - ad esempio con la riduzione degli incentivi all’esportazione e con l’introduzione di tasse sull’esportazione di merci la cui produzione richiede un grande consumo di energia o causa inquinamento, quali l’acciaio (l’export dei prodotti di acciaio è sceso del 14% a dicembre rispetto ad un anno prima). Inoltre questo disavanzo causa le proteste di Stati Uniti ed Unione europea, che accusano la Cina di favorire le proprie industrie con esenzioni fiscali e mettendo a disposizione materie prime e servizi sotto costo, così da consentire loro di vendere i prodotti a prezzi artificialmente bassi. Gli altri Paesi chiedono anche una robusta rivalutazione dello yuan, ritenuto sottostimato, ma Pechino ne permette un apprezzamento solo graduale; nel 2007 si è apprezzato del 7% sul dollaro, il doppio rispetto al 2006 ma molto meno di quanto chiede Washington, mentre ha addirittura perso valore nei confronti dell’euro. L’Occidente chiede pure l’apertura del mercato interno alle ditte finanziarie estere.

Huang Yiping, esperto economico della Citigroup Inc. a Hong Kong, teme che un eccessivo rallentamento delle esportazioni cinesi possa mettere in crisi le industrie, costrette a produrre al di sotto delle capacità, con conseguente deflazione e difficoltà a recuperare gli investimenti. Ma altri esperti ritengono che il mercato cinese sia in grado di assorbire la produzione non più diretta all’estero, con benefici effetti sui prezzi interni e un conseguente aumento del consumo. (PB)