Papa: in Terra Santa vinca il dialogo e ci sia ovunque vera libertà di religione
Ricevendo i vescovi del CELRA, Benedetto XVI sottolinea la sua vicinanza ai cristiani della terra ove visse Gesù e chiede di dare sostegno a coloro che decidono di restarvi. La convivenza con ebrei e musulmani serva ad una migliore conoscenza reciproca, “necessaria per favorire un rispetto sempre maggiore della dignità umana, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri delle persone ed una rinnovata attenzione ai bisogni di ognuno”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Coloro che hanno responsabilità” in Medio Oriente ed in particolare in Terra Santa percorrano la via del dialogo e facciano cessare la violenza, permettendo così anche la permanenza ed il ritorno dei cristiani, perché i luoghi ove visse Gesù non siano solo siti archeologici, ma sede di comunità vive. E’ l’accorato appello che Benedetto XVI torna a lanciare oggi, nel discorso che ha rivolto ai vescovi latini delle regioni arabe (CELRA), ricevuto per la quinquennale visita “ad limina”.
 
I cattolici di Terra Santa, nelle parole del Papa, oltre a quello di tener viva la presenza dei discepoli di Cristo in quella che fu la sua terra, hanno altri due compiti fondamentali: cercare l’unità con gli altri cristiani ed approfondire la reciproca conoscenza e la convivenza con ebrei e musulmani, per ottenere anche “uguaglianza di diritti e di doveri” e perché l’autentica libertà religiosa “diritto primordiale di ogni essere umano” sia “dovunque effettiva e che non siano ostacolati i diritti di ognuno a praticare liberamente la propria religione, o a cambiarla”.
 
Il Papa, in primo luogo, è “spiritualmente vicino” ai cristiani della regione e ne “condivide inquietudini e speranze”, in una regione ove lo scatenarsi senza fine della violenza, della insicurezza, dell’odio, rendono molto difficile la convivenza, facendo a volte temere per l’esistenza delle comunità”. Ciò rappresenta “una grave sfida” al servizio dei vescovi e deve spingerli a dare forza e sostegno alla fede delle loro piccole comunità e ad essere loro vicini “nelle prove” che debbono affrontare.
 
Se, nell’attuale situazione, “è comprensibile che i cristiani siano a volte spinti a lasciare i loro Paesi per trovare una terra accogliente”, “ciò malgrado bisogna incoraggiare e sostenere con forza coloro che compiono la scelta di restare fedeli alla propria terra, perché non divenga un sito archeologico, privato di vita ecclesiale. Sviluppando una solida vita fraterna, troveranno sostegno nelle loro prove”.
 
D’altro canto, “l’incontro di persone delle altre religioni, ebrei e musulmani, è per voi una realtà quotidiana. Nei vostri Paesi, la qualità dei rapporti tra credenti prende un significato tutto particolare, essere ad un tempo testimonianza resa all’unico Dio e contributo alla creazione di relazioni più fraterne fra le persone e fra le diverse componenti delle vostre società. Una migliore conoscenza reciproca è necessaria per favorire un rispetto sempre maggiore della dignità umana, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri delle persone ed una rinnovata attenzione ai bisogni di ognuno, particolarmente dei più poveri”. Compito, quest’ultimo al quale il Papa riconosce l’impegno in atto da parte della comunità cristiana; d’altro canto “deve restare una vostra priorità il sostegno alle famiglie cristiane, che si trovano davanti a numerose sfide, come il relativismo religioso, il materialismo e tutte le minacce contro i valori morali familiari e sociali”.