Il disastro ecologico di Taean uccide anche i pescatori
Lee Yonug-kwon, allevatore di ostriche, si è ucciso dopo che le 15mila tonnellate di petrolio fuoriuscite dalla Hebei Spirit hanno distrutto le coste occidentali della Corea. I residenti accusano il governo di non essere intervenuto e si domandano come sopravvivere, ora che “l’oceano è morto”.

Seoul (AsiaNews/Agenzie) – Il disastro ecologico che ha colpito lo scorso mese le coste occidentali della Corea inizia a mietere vittime anche fra gli esseri umani: Lee Yonug-kwon, allevatore di ostriche di Taean, si è ucciso bevendo pesticida per la disperazione di aver perso ogni forma di sostentamento.

Il 7 dicembre scorso la Hebei Sprint, petroliera di Hong Kong, ha versato in mare 15mila tonnellate di greggio dopo avere urtato una gru su una chiatta mentre era al largo presso il porto di Taean, a sud di Seoul. Colpiti dal disastro ecologico, il peggiore mai avvenuto in Corea, oltre 1 milione di volontari sono giunti da tutto il Paese per ripulire le spiagge. I residenti, tuttavia, temono che la vita marina non si riprenderà più.

Il disastro ha colpito per prima l’industria ittica, completamente distrutta, e poi il settore turistico, gravemente danneggiato: migliaia di persone sono rimaste senza lavoro. I familiari del suicida puntano il dito contro il governo, accusato di non aver aiutato in alcun modo i veri danneggiati dal versamento di petrolio, e le industrie di trasporto marittimo, che si sono rifiutate di pagare i danni.

Lee Nan-sok, figlia del coltivatore di ostriche, ha detto nel corso del suo funerale: “Non capisco perché tu abbia dovuto morire, quando coloro che hanno distrutto le nostre vite sono vivi ed in buona salute”. Alla cerimonia erano presenti gli oltre 10mila abitanti di Taean, che hanno appoggiato le accuse di colpevolezza rivolte al governo.

Kim Jin-mook, leader della comunità, dice: “Cosa pensa di fare il governo, quando stanzia ‘entro un anno’ i fondi per aiutarci? Pensa di risolvere il nostro problema?”. Kim si riferisce alla vita degli abitanti, per la maggior parte pescatori che vivono giorno per giorno dei proventi del loro lavoro. Lo appoggia Chung Nak-chu, pescatore, che conclude: “L’oceano è morto: cosa dovremmo fare per vivere? Per migliaia di anni, è stato l’unico modo che abbiamo avuto per sfamare i nostri figli”.