Pechino avverte Taipei: l’indipendenza “costerebbe cara”
La Cina risponde all’annuncio di un referendum pro-indipendenza sull’isola, e cita la legge anti-secessione che prevede l’intervento armato. Secondo gli esperti l’avvertimento è rivolto anche a Washington, costretta a difendere l’isola in caso di attacco. Il presidente Chen, nel frattempo, visita le isole Spratly, contese da 6 nazioni asiatiche.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Se Taiwan “si ostina a scalare la montagna dell’indipendenza”, la Cina non potrà fare altro che “farle pagare un caro prezzo, l’unica risposta a questa mossa sconsiderata”. E’ la risposta ufficiale cinese al referendum pro-indipendenza annunciato lo scorso 1 febbraio da Taipei, che prevede la richiesta formale di un seggio alle Nazioni Unite con il nome “Taiwan”.
 
Secondo una legge approvata nel 2005, la Cina “è obbligata ad intraprendere qualunque azione, compreso l’uso della forza, se Taiwan ricerca un’indipendenza formale”. La risposta al referendum, firmata dall’Ufficio per Taiwan del Partito comunista cinese, cita la legge ed aggiunge: “Le autorità guidate dal presidente Chen Shui-bian saranno responsabili di quanto avverrà”.
 
Andrei Yang Nien-dzu, del Consiglio cinese per gli studi avanzati di Taipei, commenta: “Questo è un messaggio inviato a Taiwan, Washington ed al mondo intero. E’ molto chiaro, e dice che Pechino vuole affrontare la situazione molto, molto seriamente. Alla Cina questo referendum, previsto per il 22 marzo, interessa molto più di quanto le possa interessare la situazione politica dell’isola, nonostante la vittoria elettorale dei nazionalisti dia spazio al dialogo”.
 
Il riferimento agli Stati Uniti si spiega con il Taiwan Act, una legge approvata dal Congresso americano che impone “la difesa dell’isola in caso di attacco”. Tuttavia, anche il governo americano non vede di buon occhio i continui tentativi orchestrati dal Partito democratico per ottenere un riconoscimento internazionale di indipendenza. L’amministrazione Usa ha più volte richiamato il governo del presidente Chen ed ha fatto capire di essere favorevole, come Pechino, al mantenimento dello status quo attuale.
 
Nel frattempo, lo stesso Chen si è recato in una visita ufficiale nelle isole Spratly, potenzialmente ricche di petrolio e contese a livello diplomatico da Cina, Brunei, Malaysia, Vietnam, Filippine e Taiwan. Nel 2006, Taipei ha finanziato la costruzione di uno “scivolo” per il carburante che unisce Taiping al mare, nonostante le proteste degli altri contendenti.
 
Secondo il ministero degli Esteri taiwanese, questa visita “sottolinea la nostra posizione sulle isole”. Tuttavia, Vietnam e Filippine hanno reagito con un duro comunicato ufficiale, che definisce il viaggio “un serio attentato alla sovranità nazionale” di entrambi i Paesi.