Mosul, attesa per nuovo contatto con i rapitori del vescovo
Si attende per stasera una nuova telefonata in cui i mediatori esigeranno di “sentire la voce” di mons. Rahho. Sale la preoccupazione, un comandante Usa avanza ipotesi di terrorismo dietro il sequestro. Messe e preghiere a Roma e Damasco per i “tre martiri” e la salvezza del presule.
Mosul (AsiaNews) - Sale la preoccupazione a Mosul, dove dal 3 marzo non si hanno contatti con i rapitori dell’arcivescovo caldeo mons. Faraj Rahho. Il presule è stato rapito il 29 febbraio da un gruppo di ignoti. Mentre nella diocesi si attende entro stasera un segnale dai rapitori, i caldei in patria e all’estero continuano a pregare. Oggi a Roma, nella chiesa di S. Ephrem, la comunità caldea celebrerà una messa in suffragio dei tre uomini uccisi e per la salvezza di mons. Rahho. Anche in Siria, dove si concentra la migrazione dei cristiani dall’Iraq, “si prega perché il vescovo sia restituito al suo gregge”. Domenica scorsa a Damasco nella parrocchia caldea di Santa Teresa la messa è stata dedicata ai “tre martiri” e alla liberazione del presule.
 
La dinamica del rapimento, durante il quale sono state uccise tre persone, e le “difficili condizioni” poste - come raccontano ad AsiaNews fonti locali - fanno pensare che non si tratti di semplici criminali interessati al riscatto. Si teme per la salute del vescovo che ha bisogno di assumere medicinali quotidianamente e di cui finora nessuno ha mai sentito la sua voce o ricevuto prove che sia ancora in vita. “Al prossimo contatto che avremo con i rapitori – dicono fonti vicine alle trattative – esigeremo di parlare con mons. Rahho”. Sul caso, ieri in una conferenza stampa a Tikrit, ha parlato anche il gen. Mark Hertling, comandante delle forze Usa nel nord Iraq. Secondo l’ufficiale, non è chiaro chi ci sia dietro il rapimento di mons. Rahho, ma non è escluso si tratti di al Qaeda in Iraq. Il gruppo – dice il generale - si è ricomposto a Mosul e in altre zone della provincia di Niniveh dopo essere stato smantellato da Baghdad e Anbar e ora potrebbe avere bisogno di denaro per riorganizzarsi.
Foto credits: p. Amer Youkhanna