Inizia il viaggio della torcia, che ricorderĂ  il Tibet al mondo
La torcia olimpica è oggi in Kazakistan. Il lungo viaggio per 5 Continenti, voluto quale simbolo della crescita cinese, "rischia" di ricordare ogni giorno la repressione in Tibet. Intanto gruppi internazionali denunciano la peggior repressione da anni dei diritti in Cina.

Almaty (AsiaNews/Agenzie) – La fiamma olimpica è arrivata oggi ad Almaty, prima delle 21 tappe del suo giro mondiale di 137mila chilometri. Intanto organismi internazionali denunciano che in Cina è in atto la peggiore repressione dei diritti da anni. Proteste anche del Comitato olimpico internazionale (Cio) per la censura di internet.

La torcia giunge in aereo da Pechino e l’attende il presidente kazako Nursultan Nazarbayev, che scherza e porta la torcia per un breve tratto, ringrazia “il nostro grande vicino, la Cina” per avere scelto Almaty, “centro dell’Eurasia”, come prima fermata dopo Pechino. Ma ci sono anche 4.500 poliziotti e agenti in borghese, pronti a impedire qualsiasi protesta, mentre uomini e donne in costumi nazionali danzano e palloni a forma di panda sono liberati nel chiaro cielo primaverile. Qui, sull’antica via della seta, inizia il viaggio di 33 giorni che porterà la torcia a Londra, Parigi, San Francisco e in tutto il mondo, fino al ritorno in Cina il 4 maggio. Ma tutti prevedono che questo percorso diventi l’occasione di proteste contro la repressione delle dimostrazioni in Tibet e dei diritti umani in Cina e per il genocidio nel Darfur. Nel Kazakistan sono previsti circa 80 tedofori, tra cui Timur Kulibayev, miliardario genero di Nazarbayev, responsabile di importanti industrie.

Ieri, in occasione dell’accensione della torcia a Pechino, Amnesty International (Ai) ha denunciato in un rapporto che con l’avvicinarsi dei Giochi la Cina ha aumentato la repressione, soprattutto con l’intervento militare in Tibet e con l’arresto di attivisti per i diritti umani. Invita governi ed enti internazionali a prendere posizione e chiede la liberazione degli attivisti Hu Jia, sotto processo, e Yang Chulin, condannato a 5 anni di carcere per avere scritto che “non abbiamo bisogno di olimpiadi, abbiamo bisogno di diritti umani”.

Jiang Yu, portavoce del ministero degli Esteri, ha liquidato l’accusa dicendo che Ai “ha sempre avuto pregiudizi contro la Cina”. Ma Ai e altri gruppi insistono perché sia consentito l’accesso di giornalisti e osservatori indipendenti nel Tibet e nelle altre province dell’intervento militare (Sichuan, Gansu, Qinghai, Yunnan), nel rispetto “delle promesse ufficiali di consentire la completa libertà ai media in prossimità delle Olimpiadi”.

Intanto ieri il Cio ha insistito con Pechino che durante i Giochi deve essere consentito il libero accesso ad internet, almeno per i 30 mila giornalisti previsti. La Cina spesso ne blocca l’accesso, come anche ha fatto dall’inizio delle proteste tibetane il 14 marzo. Blocco che Kevan Gosper, per il Cio, ha ritenuto “criticabile” ma precisando che “non siamo ancora nel periodo olimpico”.