Tibetani in Nepal: basta manifestazioni, troppe minacce dal governo
di Kalpit Parajuli
Ufficialmente, gli esuli tibetani a Kathmandu interrompono le proteste anti-cinesi per rispetto verso le prossime elezioni governative. In realtà, il governo li ha avvertiti: galera a tempo indefinito per chi continua a manifestare.
Kathmandu (AsiaNews) – I tibetani in esilio in Nepal hanno interrotto le proteste anti-cinesi dopo che il governo li ha minacciati di protrarre “a tempo indeterminato” la detenzione dei manifestanti fermati la settimana scorsa. Il motivo ufficiale, tuttavia, è “il rispetto per le elezioni governative della prossima settimana”.
 
Nelle ultime due settimane, i tibetani residenti a Kathmandu hanno manifestato ogni giorno davanti all’ambasciata cinese, per protestare contro la repressione violenta delle dimostrazioni di Lhasa. Il governo nepalese ha risposto arrestando i manifestanti, in un segnale di forte allineamento con le politiche della confinante Cina.
 
Thupden Tenzing Jamphel, presidente del gruppo “Giovani tibetani per la libertà”, spiega: “Abbiamo deciso di interrompere le proteste in vista delle prossime elezioni nepalesi”. Però, aggiunge subito dopo, “il ministero degli Interni ci ha avvertiti: se veniamo arrestati, rimarremo a lungo in prigione”.
 
In Nepal vivono almeno 20mila tibetani, arrivati qui nel 1959 dopo l’esilio del Dalai Lama. Il Paese, schiacciato fra Cina ed India, accetta la politica “dell’unica Cina” e considera Tibet e Taiwan parti inseparabili del governo cinese. Kathmandu ha dimostrato in più occasioni di voler mantenere ottimi rapporti con Pechino, il miglior partner commerciale del Paese.
 
Da parte sua, la Cina ricambia le cortesie nepalesi e guarda “con indulgenza” alle ultime manifestazioni. Secondo Zheng Xiangling, inviato cinese in Nepal, “i dimostranti sono stati deviati dalle false accuse fatte circolare dalla cricca del Dalai Lama. I loro sentimenti sono comprensibili, perché si basano su fatti non veri: quando sapranno la verità sui fatti di Lhasa, indirizzeranno il loro risentimento verso i veri colpevoli”.