La cultura patriarcale intrappola i diritti delle donne bengalesi
La strada verso l’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini in Bangladesh sembra essere ancora lunga e il traguardo ancora più lontano dopo che un Comitato di religiosi musulmani ha chiesto al governo di correggere le politiche in favore dell’emancipazione femminile “alla luce del Corano e della Sunna”.

Dhaka (AsiaNews/Agenzie) – L’uguaglianza tra uomo e donna è ancora un miraggio in Bangladesh, dove la cultura patriarcale prevale sulle politiche in favore dell’emancipazione femminile e le stronca sul nascere. Nonostante gli sforzi del governo ad interim per promuovere un decreto in favore delle donne, un compatto gruppo di 20 dotti musulmani, gli ulema, si è pronunciato contro l’eguaglianza dei sessi chiedendo l’eliminazione dal decreto di sei sessioni e l’emendamento di altre 15 perché incompatibili con il Corano e la Sunna - gli atti e i detti del profeta.

Nascondendosi dietro i sacri tesi dell’Islam, i membri del comitato si fanno interpreti delle scritture e rivelano in realtà la paura (non infondata) diffusa nel mondo musulmano che l’emancipazione della donna porti ad una diminuzione del potere e della ‘supremazia’ maschile, oltre che ad una competizione con le controparti femminili nei diversi settori culturali, politici ed economici.   

In un’intervista rilasciata ieri a The Daily Star, Mufti Mohammad Nuruddin ha detto: “Una donna non può godere degli stessi diritti di un uomo per il semplice fatto che la donna è diversa dalla nascita. Ci possono essere due primi ministri  - un uomo e una donna - in uno stesso Paese allo stesso momento?”.

Il comitato degli ulema ha consegnato ad Hassan Ariff, avvocato esperto di legge e di affari religiosi e delegato alla revisione del decreto, un rapporto di 20 pagine per sottolineare le incongruenze tra il concetto di equità dei sessi e gli insegnamenti dell’Islam. Infatti, gli esperti chiedono l’aggiunta della frase “alla luce del Corano e dalla Sunna” dopo ogni riferimento ai diritti delle donne e invitano il governo a non adottare la Convenzione Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW).

Nello specifico, il Comitato raccomanda al governo di eliminare la clausola che garantisce alle donne posti in Parlamento o nei governi locali e mette in discussione la sessione che chiede diritti in ambito politico, economico, sociale e culturale. Gli ulema si oppongono all’uguaglianza in materia di eredità e hanno inoltre definito la legge contro i matrimoni di minori non in linea con l’Islam, che invece prevede che una bambina possa essere data in sposa appena raggiunta l’età dello sviluppo.

Il governo bengalese aveva reso note le politiche in favore della donna in occasione dell’8 marzo, ma l’euforia è durata ben poco. Migliaia di dimostranti sono scesi in piazza a protestare contro l’iniziativa e hanno spinto il governo a costituire il Comitato degli ulema con il compito di identificare – e correggere – i punti in cui il decreto manca di coerenza con l’Islam. Tuttavia, come risulta dalle pagine del rapporto elaborato dagli ulema, le ‘correzioni’ vanno a discapito proprio dei diritti delle donne per i quali il decreto è stato pensato.